Page 12 - I delitti della rue Morgue
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fari erano un po’ meno imbrogliati dei suoi, mi fu per-
           messo a mie spese di prendere in affitto e di mobiliare,
           in uno stile adatto alla fantasiosa malinconia comune ai
           nostri temperamenti, una bizzarra casetta tutta guasta
           dal tempo e da anni abbandonata per certe superstizioni
           che non ci curammo d’indagare. Essa finiva di cadere in
           rovina  in una  parte  remota e  solitaria del  Faubourg
           Saint-Germain.
              Se l’andamento della nostra vita in quel posto fosse
           stato a conoscenza del mondo, ci avrebbero presi per
           due pazzi; sebbene forse per due pazzi di natura inoffen-
           siva. La nostra reclusione era completa. Non ammette-
           vamo visite. Avevamo anzi tenuto segreto il ricovero
           alle mie conoscenze di prima; quanto a Dupin egli ave-
           va da molti anni cessato di frequentare gente, e non era

           piú conosciuto a Parigi. Esistevamo per noi soli.
              Il mio amico aveva una bizzarria – come si potrebbe
           infatti chiamarla altrimenti? – egli era cioè innamorato
           della notte, e in questa sua strana passione, come in tutte
           le altre, mi lasciai trascinare tranquillamente anch’io,
           giacché mi davo ai suoi strambi capricci col piú comple-
           to abbandono. La nera divinità non poteva essere sem-
           pre con noi; ma potevamo pur sempre farcene una po-
           sticcia. Al primo chiarore dell’alba serravamo tutti i pe-
           santi scuri della vecchia casa e accendevamo due fiacco-
           le fortemente profumate, le quali mandavano una luce
           debolissima, spettrale. A quel fievole chiarore abbando-
           navamo l’anima ai sogni – leggendo, scrivendo o con-
           versando – sino a quando l’orologio non ci avvertiva del


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