Page 27 - Odi e Inni
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l’erbe non compre per la pia merenda
nel giorno di Calendimaggio.
Porta di ferro, apriti!… Ma lontani,
lavoratori, per la valle
voi siete, la mercede nelle mani
ed il piccone su le spalle.
Le spalle voi volgete oggi al traforo
della montagna di granito…
Oh! non divina sorte del lavoro,
che attrista quando sia compito!
Voi riprendete la perpetua via
da dove, a dove si lavora.
«Quale Ararat, qual Monte Sant’Elia,
compagni, il nostro acciaio vuol ora?
Qual mare, dighe contro cui si franga,
com’uomo contro l’ira sua?
qual lago chiede il rostro della vanga?
qual terra il solco della prua?
Quali altre vie, per ghiacci o per sabbioni,
cerca il vapore, che, nei cupi
silenzi, mostri i rossi occhi ai leoni,
che sperda col suo fischio i lupi?»
Latin sangue, gentil sangue errabondo,
tu sei qual eri nel tuo giorno:
ancora sai tutte le vie del mondo…
non sai più quella del ritorno.
Voi siete ancor le ferree coorti,
voi siete i veliti e triari…
ma i morti d’ora non son più che morti,
intorno per le terre e i mari.
Porta di ferro!… Oh! chiama tu, grande Urbe,
le tue legioni veterane
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