Page 22 - Odi e Inni
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LA FAVOLA DEL DISARMO





                         Il mandriano dell’Aràm riposa.

                         È questa l’ora che ciò ch’era in cielo
                         di nubi fosche, trascolora in rosa:



                         l’ora, che appressa ciò ch’è lungi: un velo
                         vela il presente, un raggio è sul passato;

                         ombra al deserto, luce sul Carmelo:


                         l’ora, o pastore del deserto ombrato,

                         che al tuo ricordo appressa ciò ch’è morto,
                         ed al tuo sonno ciò che non è nato.



                         Tu dormi: è pace. Ma qual urlo è sorto
                         rauco dall’ombra? Oh! tu dormi. Le fiere

                         bevono insieme a non so qual Marmorto;



                         scesero a bere acqua di pace, a bere
                         acqua d’oblìo. Perciò non temi: un’onda
                         sola è comune a tigri ed a pantere.



                         Bevono: veglia la pupilla tonda,

                         mentre le lingue rosse come brace
                         leccano l’acqua che dal muso gronda.



                         Pastore errante, e tu non vegli: è pace:
                         ogni belva disarma ora gli unghioni,

                         disarma l’odio del suo cuor pugnace…


                         No! veglia veglia! Accendi i fuochi, i buoni

                         fuochi, in cui grande è l’umile virgulto!
                         Non senti come un brontolìo di tuoni?



                         Un bramito, un grugnito ed un singulto
                         di sangue: voci d’ira irrequïete:

                         ed ecco arde la rissa, arde il tumulto,



                         la guerra! Nelle cupe ombre segrete


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