Page 85 - Nuovi poemetti
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che si levò su tutti gli altri al cielo,
sì che ai suoi rami si stessean le nubi:
appiè del dio, chiuso nell'aureo musco,
venìan le incinte, e i loro blandi voti
s'unìan lassù col pigolìo dei nidi:
o tu cui l'arnie, di cucite scorze
o di tessuti lenti vinchi, all'ombra
dell'oleastro, persuadeano il sonno
col grave rombo, quando a te tra i fiori
era la cuna: fiori d'ulivella,
timbra e serpillo che lontano odora,
e di viole scese a bere al fonte,
al fonte che scivola molle e va;
VI
ritorni al luogo, donde già vedesti
passar cacciato dalle sue maggesi
il contadino; che annestati i peri,
piantato vigna, seminato il grano
avea per altri, e che non più, tornando
al regno suo cinto di siepe viva,
alla sua reggia dal colmigno a piote,
vedrebbe ormai, che qualche grama spiga:
passava avendo siepe e campi in cuore,
e l'abituro, e si parava innanzi
poche sue capre, e ne traeva a mano
una che addietro si volgea belando;
che avea lasciato due gemelli addietro
ah! su la ghiara: ed il pastore andava;
ed era l'ora del ritorno a casa
e della cena; e dai tuguri il fumo
salìa nella crescente oscurità.
VII
VIRGILIO, e tu, di tra i pastori uscito,
vedesti intorno lo squallor dei campi
abbandonati, e non più messi, e date
le curve falci al fonditor di spade,
e tolto il coltro all'imporrito aratro:
l'aratro nuovo tu facesti, d'olmo
piegato a forza, e l'erpice e la treggia,
ed intessesti le crinelle e i valli;
e nella nuova primavera, al primo
tiepido soffio, gli anelanti bovi
spingesti al solco, e nereggiava il suolo
al vostro tergo, e si bruniva attrito
lo scabro e roggio vomere. La strada
così segnavi ai campagnoli ignari,
l'opere e i giorni, ed imparare, in prima,
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