Page 87 - Nuovi poemetti
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E i tanti porti? E nelle vene il rame
                                            ebbe e l'argento; ebbe già l'oro: ha il ferro.
                                            Ha questa terra una gagliarda stirpe
                                            d'uomini, i Marsi, la genìa Sabella
                                            aspra dal sole, i Liguri indomati
                                            dalla fortuna. Questa terra al mondo
                                            diede gli eroi: gli uomini pronti al fato,
                                            duri alla guerra, i Deci ed i Camilli...
                                            Eppur la terra è del buon Dio di pace,
                                            del buon fuggiasco ignoto Dio, la terra
                                            della giustizia e della libertà!


                                                             XI

                                                       - Soy Italiano
                                                       Tengo hambre... -

                                                                         E Roma
                                            tu la vedesti quando ancor non era.
                                            L'acque del sacro Tevere la nave
                                            saliva, all'ombra tremula, solcando
                                            nel liscio specchio la boscaglia verde.
                                            Sul mezzodì videro un colle sparso
                                            di pochi tetti; ma quel dì la gente
                                            cingea col re, lunghesso il fiume, un'ara,
                                            l'ara più grande. Ed in due cori i Salii,
                                            giovani e vecchi, avendo al capo rami
                                            di pioppo bianco, dissero un lor canto,
                                            tripudïando, al domator dei mostri
                                            e della morte, ad Ercole sereno,
                                            al vïandante pacificatore,
                                            armato appena d'un fortuito tronco
                                            d'albero. Ercole nudo, Ercole solo,
                                            figlio del cielo, ma né dio né re.


                                                            XII

                                            E il re pastore e il povero senato
                                            davano incensi all'ara, un tempo e sempre
                                            massima. E il re del grande Pallantèo
                                            scotean dal sonno i passeri annidati
                                            sotto la stoppia della sua capanna.
                                            Erano scorta, al re per via, due cani.
                                            Pascean nel Foro e nelle vie di Roma
                                            mandre di bovi ad or ad or mugghianti;
                                            ed echeggiava il Campidoglio ai mugghi.
                                            Ed era tutto una silvestre macchia
                                            il Campidoglio, e ruderi, tra i bronchi,
                                            grandi giacean d'una città distrutta.
                                            Roma era morta, e ancor dovea, l'eterna,
                                            sorgere al sole; ancor dovea d'un muro



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