Page 88 - Nuovi poemetti
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cingere, Roma, i sette colli, il Lazio,
l'Italia, l'Alpi, i mari ed i deserti,
tutte le genti e l'orbe intiero, a sé.
XIII
Ma il contadino legge sempre al vento
le rauche carte, e lungo sé non vede
VIRGILIO, a cui fremon le messi, e i pioppi
paion falciare mollemente in aria.
Ed egli parla, non inteso all'uomo
suo paesano; l'odono le miti
giovenche intorno e i fervidi polledri.
O forse l'uomo udir non può, che sopra
ora gli ronza più che prima, d'api
tornate ai fiori, la pasciuta siepe;
e d'ogni pioppo ora risuona il canto
d'un rusignolo; il dolce e triste canto
ch'e' fa notturno, e che somiglia al pianto.
E il migratore cómpita presago
a campi e nubi le sue voci strane;
e quatte quatte nelle placide acque
strepono or qua, le vecchie rane, or là.
XIV
Dice VIRGILIO: «Oh! troppo fortunati
agricoltori, cui la madre terra
latta da sé, come una buona madre!
Giusta è la terra e non ti nega il cibo,
la madre, mai: se il grano è poco, l'uva
è tanta: è sempre di qualcosa, annata.
Poi, c'è la pace, e le gioconde feste,
e il sonnellino sotto un olmo, al canto
delle cicale, al mormorìo dell'acque.
Tu non sei ricco ed accallato hai l'uscio,
sempre, di casa, e la gallina becca
nell'atrio tuo; non hai tappeti e bronzi,
e non odora, l'aia tua, d'amomo:
ma il bimbo ricco, in casa tua, s'invoglia
di tutto, e tutto ammira, e tutto chiede,
il pane, il pomo, il latte, l'uovo; e sente
che il buono e il tutto è quello che non ha.
XV
Cerchino gli altri il pallido oro e il plauso
vertiginoso e lascino la soglia
trita dai loro, e migrino: tu resta.
Tu con l'aratro i piccoli nepoti
nutri, e la Patria, e tieni gli occhi in alto,
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