Page 46 - Nuovi poemetti
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così, che terra, o nate per il cielo! -
III
E il grano al vento strepitava; e disse
il padre al figlio: «Mieteremo. Vedi:
verdino è, sì, ma non vorrei patisse.
Ché il grano dice: - Io sto ritto, e tu siedi.
Qui temo l'acqua, e il vento mi dà briga.
Altronde, o presto o tardi, o steso o in piedi,
se il gambo è secco seccherà la spiga -».
TERRA E CIELO
I
E disse poi, con tutti i figli attorno,
appiè d'un melo, carico di mele:
«Sì: mieteremo sull'aprir del giorno.
La terra è buona: dura, ma fedele;
ma è una barca, il sole per timone,
e bianche e nere nuvole per vele.
Ci vuole il cielo: tutto a sua stagione;
e freddo, caldo, dolce, aspro, ci vuole,
e i lampi e i tuoni e il fumido acquazzone.
Il grano, in prima, ebbe due barbe sole,
quando escì fuori, un solo gambo in tutto.
Venne la neve: - Ah! vuoi goderti il sole?
No! Soffri un po'! Metti altre barbe! Frutto
non vien da seme che non sia già morto! -
Die' retta il grano. Marzo venne asciutto.
Guai se i miei campi li prendea per l'orto!
II
Si sa: marzo va secco, il gran fa cesto.
Il gran, per uno pallido e sottile,
più ciuffi mise, quanto più fu pesto.
Talliva. Allora sopravvenne aprile
con le dolci acque. I giorni erano belli,
ma e' passava con il suo barile.
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