Page 42 - Nuovi poemetti
P. 42
Non le hai deposte ancora, eccole monde.
Ma tu gli alunni muterai dal primo
letto, più volte, o almeno all'ultimo, onde
l'ultimo sonno non s'invii sul fimo.
IX
Dormono... O Rosa, siediti; ché giova.
Dormono alfin la grossa i filugelli
che tu tenesti, nel tuo seno, in cova.
Ma tu mondi olivagnoli, e fastelli
scuoti, di cesti; vieni e vai; ti spicci,
ti studi, entri, esci, apri, alzi, e sui castelli
tacita e grave stendi altri cannicci...
CANTO TERZO
I
Or sì, conviene ai gelsi bianchi, ai mori,
dare il pennato e portar foglia a fasci,
con fruscìo grande e il fresco odor di fuori!
Ma su le prime indugi un po'; né lasci
che il gregge impingui, e se ne perda il frutto:
attenta, accorta, a man a man li pasci
più largamente, fin che indulgi il tutto.
II
Ed ecco allora, nell'opaca loggia
piena di verde, uno scrosciare uguale,
un grosso allegro strepito di pioggia.
Sembra l'oscurità d'un temporale
che fa fuggire con le falci in pugno
le villanelle... Invece le cicale
cantano al sole, al nuovo sol di giugno.
III
Canta, nel sole immersa, la calandra
che inebbria il cielo. Tu tra i tuoi castelli
nella fresca ombra vegli sulla mandra.
42