Page 28 - Nuovi poemetti
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t'infraschi, e cerchi e fai sentire un canto
                                            appena trovi sanguini o sambuchi:

                                            un uomo noi portiamo al camposanto
                                            che, come te, dimestico e silvano,
                                            godea del poco e non sapea del tanto.

                                            I figli avea nell'oltremar lontano,
                                            e quasi solo vivucchiava in pace
                                            contento del suo vino e del suo grano.

                                            Covava il fuoco avendo nelle brace
                                            poche castagne, e già vecchietto stanco
                                            pensava all'aspra giovinezza audace;

                                            allor che in vetta all'alto pioppo bianco
                                            non scendea; no: gli dava l'onda e in aria
                                            prendeva a volo l'altro pioppo a fianco:


                                            alla sua giovinezza aspra di paria,
                                            allor che dentro il suo metato in monte
                                            dovea passar la notte solitaria;


                                            ma, per il fumo, tenea fuor la fronte
                                            e la lasciava al vento ed al nevischio
                                            sino al primo baglior dell'orizzonte:


                                            ché allora a casa discendea tra il fischio
                                            del tramontano, la crinella in collo,
                                            zeppa di fronde, ed ogni passo un rischio.


                                            Era di ceppa vecchia egli rampollo!
                                            Seguiva il cenno della madre austera
                                            imperïosa sotto il suo corollo!


                                            Che vita, allora! il pane allor non c'era
                                            che per le Pasque! Ora godeva il verno
                                            egli che non godé la primavera.

                                            In vece qui con un saluto eterno
                                            noi ti lasciamo. Addio, Zi Meo! Le zolle
                                            che abbiam gettate sul tuo cuor fraterno!

                                            E questa croce sul terreno molle
                                            non reggerà! Verranno poi le acquate.
                                            Poi, bianco il monte e sarà bianco il colle.

                                            Poi, torneranno i figli nell'estate
                                            a prender l'aria. Addio, Zi Meo! La vita
                                            è così fatta. Andiamo, dunque. - Andate




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