Page 21 - Nuovi poemetti
P. 21
poco lontano) entrò senza picchiare
col più piccino dei suoi sottofigli.
La trovò che sfaceva col cucchiare
nel laveggino nero una brancata
di farina, in ginocchio al focolare.
«Ch'ha detto il Chiozza, ch'érite malata?»
«Oh! Gigi! Ahimè che tremo ho fatto! Provo
se mi fa bono un po' di farinata».
«Più bono, o mamma, vi farebbe un ovo».
«Con l'ova abbiamo da comprare il sale».
«O dunque, mamma, cosa c'è di novo?»
«Forse, figliolo, c'è più ben che male».
«Dio v'ascolti». «O codesto rapacchiotto?»
«È il Gigino del mi' pover Natale».
«Dio lo riposi. E in quanti sono?» «In otto».
«Polenta vi ci vuole ora e coraggio!»
«Su dunque, Nini: porgigli il ricotto».
Nelle sue frasche e' lo tenea, di faggio,
verdi, col cimo in dentro e fuori il calcio:
un fardelletto bello come un maggio,
legato con un torchiettin di salcio.
VI
Ella guardò, mestando. «O che gli porti,
Nini, alla nonna? O che tu l'hai saputo
ch'io vado in pace, a ritrovare i morti?
Che glielo faccio a babbo, omo, un saluto?
Che gli dico del bimbo? Eh! gli vuol detto
ch'è savio, che dà retta, ch'è d'aiuto;
ch'ha il grembialino, ch'ha il rastellinetto,
che va colle sue genti alle faccende,
anco alla ruspa dopo fatto appietto;
e ch'abbada alle pecore, e contende
se vanno al danno, e poi che fa in Corsonna
le vetrici e le monda e le rivende.
Va colassù, va colassù la nonna,
con uno che ci sa; che può, se vuole,
anco portarla avanti alla Madonna.
21