Page 504 - La mirabile visione
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in un lampo, la forma e la sublimità e la gloria: ne sentì, nel lungo
           e terribile tuono, la difficoltà lunga e terribile. Ciò dunque nel
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           1313 avanzato .
              Se fin qui non raggiungemmo se non il verisimile, di qui
           innanzi siamo nel vero e nel certo. Dato il concetto fondamentale
           della Comedia, che è la rinunzia alla vita attiva, resa impossibile
           dalla lupa, dato che la Comedia è l'attuazione stessa di quel
           proposito, di lasciare il mondo e darsi a Dio; la Comedia è
           dunque la conclusione della vita di Dante. E tale si dimostra con
           un fatto irrefutabile, che in un epitafio, composto per il suo
           monumento, è scritto ch'egli morì (e vulnere saevae necis si deve
           interpretare,  impensatamente  e  acerbamente) mentre scriveva il
           paradiso . E chi compose l'epitafio era tale, per familiarità col
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           Poeta, che si può ben essere certi ch'egli attesta quel primo
           dubbio, quella prima ansia, quel primo rammarico de' figli e di
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           tutti, che il gran morto non avesse compiuta la grande opera . Il
           che è confermato da una notizia che abbiamo da Dante stesso,
           ch'egli nel 1319, due anni perciò avanti la morte, era al principio
           del paradiso, il quale, perciò, non era meraviglia non si trovasse
           compiuto   due   anni   dopo.   E   questa   notizia   è   certissima   e
           liquidissima. Dante riceve un'epistola in versi latini da Giovanni
           del Virgilio, il quale con essa vuol indurlo a scrivere in latino per
           i dotti. Risponde con un'ecloga pastorale, in cui, per convenienza
           di stile, trasforma l'espistola del Bolognese in modulamina e lui
           stesso in mandriano di bovi, mentre sè pone in figura di pastore di
           pecore. Tutto dice che Dante ha nel pensiero l'ecloga X di Virgilio
           e il verso: Nec te poeniteat pecoris, divine poeta. Tutto porta a
           concludere che tra il mandriano di bovi e il pastore di pecore è la
           proporzione che tra poeta latino o grande o regolare, e rimatore
           volgare; non quella che tra grande e piccolo nella medesima


           590   Cap. XXII L'Alpigiana.
           591   Vedi a pag. 231 sg.
           592   Vedi a pag. 573.


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