Page 431 - La mirabile visione
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questa con quella. (Par. 33, 141)
              Dante in persona di Enea e Giacobbe, scende, dopo morto al
           peccato originale, a rigenerarsi dai molti peccati attuali. Per Enea,
           son tre disposizioni che il ciel non vuole; per Giacobbe, sono
           sette   peccati:   sette,   poichè,   discorrendo   appunto   delle   tre
           disposizioni, tra Virgilio e Dante enumerano sette tra cerchi e
           cerchietti: quattro cerchi in cui sono quei della palude pingue, che
           porta il vento, che batte la pioggia e che s'incontrano con loro
           ignominie; (Inf. 11, 70) e tre cerchietti, (ib. 17) dei violenti e dei
           fraudolenti, i quali ultimi sono distinti in due specie, secondo che
           la frode esercitano in chi non si fida o in chi si fida. Devono
           essere sette, e non più nè meno, perchè sette beatitudini risuonano
           nei sette gradi del purgatorio, opposte ai sette peccati che si
           purgano; e tali sette beatitudini sono l'interpretazione dei secondi
           sette anni che Giacobbe serve a Laban, cioè alla Bianca di luce,
           cioè alla  Grazia, per aver Rachele:  ora  il  "fedele"  di  Lucia,
           "amico" di Beatrice, la quale siede con Rachele, serve questi
           secondi sett'anni, cioè deterge le macchie di sette peccati opposti
           a quelle sette beatitudini; dunque deve aver servito anche i primi
           sette anni, sette e non più nè meno. E sette sono, come sette
           devono essere. E poichè nell'inferno vi sono altre distinzioni di
           peccato che sono taciute da Virgilio, come non fossero, bisogna
           rendersi conto del perchè e siano taciute e non contino e non
           siano. Gl'ignavi sono nel vestibolo: nell'inferno dunque non sono.
           Gridano invano la seconda morte; dunque nell'inferno non sono.
           Misericordia e giustizia gli sdegna: dunque, se non sono nel
           purgatorio o nel paradiso della misericordia, non sono nemmeno
           nell'inferno della giustizia. Terribile concezione: non sono nè
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           morti nè vivi: non sono . Restano quelli del limbo e quelli del
           "cimitero". Nel limbo è un vagir di culle, nel cimitero è un tacer
           di tombe. Voglio dire, il silenzio sarà, non è. Sarà, per una parte,
           il silenzio, quando caleranno sulle arche i coperchi. I quali, sino

           446   Vedi nota a pag. 433.


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