Page 311 - La mirabile visione
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Dante è giunto appiè d'un colle; guarda in alto, e vede i raggi del
sole "che mena dritto altrui per ogni calle", sulle pendici. Allora
si rinfranca, nel tempo stesso che vede lume: e si volge indietro e
guarda il passo. Dal passo era uscito, prima che vedesse la luce
dell'alba e sentisse quetare la paura. Egli "rimira" il passo. Che è
ciò se non il solo modo di repetere che di questo sacramento sia
concesso, repetere con lo sguardo della mente, fisso e iterato;
considerarlo e intenderlo, insomma, come è chiaro dalle parole
che seguono e che mostrano come lo spaurito viatore abbia capito
di che passo si trattava? Lo passo
che non lasciò giammai persona viva!
Come il viatore trovò il passo? come potè uscirne? La luce
dell'alba egli la vide poi, guardando in alto; non fu essa che lo
scortò. Qual fu dunque? Chi lo guidò e chi gli fu lucerna?
Qualche cosa che è appunto della dottrina sua tacere. Nella visita
alla quarta delle male bolgie, nella quale è punita la falsa
prudenza o previdenza, di quelli appunto che per aver voluto
vedere innanzi hanno il volto tornato dalle reni; Virgilio dice a
Dante: (Inf. 20, 127)
E già iernotte fu la luna tonda:
ben ten dee ricordar, chè non ti nocque
alcuna volta per la selva fonda.
"Non ti nocque" vuol dire, per attenuamento, "ti giovò e molto
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giovò"; "alcuna volta" vale "tante volte" . Dante se ne deve
ricordare; nel fatto, non si ricordò di parlarcene . Ebbene egli
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non doveva ricordarsi d'averla veduta, la luna tonda; doveva,
304 Vedi un opuscoletto di LPerroni Grande, in cui si conferma questo senso
"di alcuna volta", così dichiarata da CCipolla.
305 Arguta osservazione di NVaccalluzzo, il quale spero di convincere con le
mie parole.
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