Page 154 - Minerva oscura
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questi, non vieta che questi peccati siano appunto l'ira, l'invidia e
la superbia.
Ma nel Purgatorio i tre peccati senza nome sono poi nominati.
E nell'Inferno? Nell'Inferno non sono poi nominati, no; salvo
qualche accenno più o meno chiaro. Uno chiarissimo:
O cieca cupidigia, o ira folle,
detto appunto della violenza o bestialità (Inf. XII 49); al quale
cenno molti altri aggiunsi a suo luogo. Ma si direbbe che Dante
qui si finga confuso e voglia confondere il lettore, chiamando, per
esempio, superbo Vanni Fucci e Capaneo, che pur son rei, d'invi-
dia oltre che d'ira, il primo, e d'ira il secondo. E noi dobbiamo qui
supporre, e del tacere e del parlare equivoco, qualche profonda
ragione, perchè qui è sopra tutto, io credo, l'originalità del sistema
teologico-penale di Dante. Certo i simboli dei tre peccati sono
evidenti; il bicorpore Minotauro è ben l'ira folle, senza ragione, e
i tricorpori Gerione e Lucifero sono i due peccati in cui sono i tre
elementi, cioè oltre la volontà e l'appetito, anche la ragione. Luci-
fero è ben la superbia: come non Gerione l'invidia? Ma non mi
voglio ripetere. Questo sopra tutto si tenga avanti che Dante, a
concepire e definire i peccati, ha avanti a sè oltre Aristotele, oltre
S. Tommaso, lo Genesi. Superbo è per lui chi assomiglia a Luci-
fero ribelle a Dio, a Adamo disubbidiente a Dio, a Caino uccisore
del fratello; invido chi ricorda Caino non nell'ambito della fami-
glia, ma nel cerchio più largo dell'umanità; reo d'ira l'Adamo, il
Caino, l'Uomo che solo col cuore, cioè l'appetito (l'una parte
chiamo cuore, ciò è l'appetito: Vita Nova cap. XXXVIII), senza
concorso di ragione, se la prende con gli uomini, con sè stesso, e
con Dio che gli fece il benefizio, il quale egli apprende come con-
danna, della vita, e gli diede la condanna, la quale egli apprende
come ingiusta, della generazione e del lavoro.
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