Page 102 - Minerva oscura
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Certo egli ricorda quell'anima espiante, che dice contrita:


              Vidi che lì non si quetava il core ;
                                           61
           quell'anima che con le altre, che furono avare, giace a terra supina
           e distesa, aderendo al pavimento, sì come il loro occhio non si
           volse in alto, fisso come era alle cose terrene, alle cose che non
           durano. E sono immobili e legate, quell'anime, come queste del
           paradiso sono supremamente mobili per la figurata croce, segno
           del sacrificio supremo:

              Di corno in corno e tra la cima e il basso
                ....scintillando forte
                Nel congiungersi insieme e nel trapasso .
                                                   62

           Nè vane sono le parole di Cacciaguida, sì quando descrive il ripo-
           sato vivere di Fiorenza dentro della cerchia antica, senza lusso,
           senza smisurato spendio, sì quando parla di Can della Scala, che,
           impresso nascendo dalla forte stella di Marte, mostrerà i primi se-
           gni di tale influsso in non curar d'argento e farà tali magnificenze
           da vincere l'invido silenzio dei nemici. E l'Uomo è in Giove, nella
           spera della giustizia, nel cielo dei giusti re; i quali fanno ricordare
           i gran regi che hanno a essere tuffati nel brago di Stige e sì con
           loro parole li ricordano. Rilucono colassù nell'occhio dell'Aquila
           due spiriti, Traiano e Rifeo, che furono cristiani sotto apparenza
           di gentili, e la loro presenza è un rimprovero a quei cristiani che
           per non essere giusti o per non aver fede resero a sè inutile il sa-
           crificio della Croce. E questo, delle spere di Venere, del Sole, di
           Marte e di Giove, è come un paradiso medio, assegnato alle virtù,
           per cui esercitare l'uso della nostra nobilissima parte che è l'ani-
           mo, patisce 'mistura alcuna' dell'appetito, che non ha luogo nell'u-
           so più pieno di beatitudine, che è lo speculativo (cfr.  Conv.  IV

           61   Purg. XIX 109.
           62   Par. XIV 109 e segg.


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