Page 493 - Jane Eyre
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essere interrogata e non sapendo rispondere, avrei ecci-
tato il sospetto.
Nessun legame mi univa in quel momento alla umani-
tà, nessuna attrattiva, nessuna speranza mi spingeva ver-
so i miei simili, i quali non potevano aver simpatia per
me.
Non avevo altro parente che la natura, la madre uni-
versale, e sul seno di lei cercai il riposo.
Entrai fra le eriche, mi avanzai in un viottolo che vidi
al limite del padule, affondando nelle piante fino al gi-
nocchio.
Infine, in un canto lontano, trovai una roccia granitica
coperta di musco, mi sedei sotto a quella; le sporgenze
della roccia mi proteggevano il capo, al disopra non c'e-
ra altro che il cielo.
Anche in quel luogo solitario non mi sentii subito al
sicuro: avevo un vago sentore di veder comparire un
gatto selvatico, o di esser scoperta da qualche cacciato-
re.
Se il vento muggiva più forte, guardavo impaurita
credendo di veder giungere un toro; se un piviere fi-
schiava, lo prendevo per un uomo.
Ma accorgendomi alla fine che i miei timori erano
vani e calmata dal profondo silenzio del crepuscolo, ri-
presi coraggio.
Fino a quel momento avevo soltanto guardato intorno
a me, ascoltato lamenti; ora potevo riflettere.
— Che cosa dovevo fare? Dove potevo andare?
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