Page 478 - Jane Eyre
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"La vostra consueta espressione in quei giorni, Jane,
era pensosa, ma non afflitta, perché non soffrivate, ma
non eravate gaia, perché non avevate gioie né speranze.
"Mi domandavo che cosa pensavate di me, se pure a
me pensavate, e vi esaminavo per saperlo.
"Quando parlavamo insieme, vi era un non so che di
felice nel vostro sguardo e di gaio nelle vostre maniere;
vidi che avevate un cuore socievole; la stanza di studio e
la solitudine vi avevano resa triste.
"Mi concessi il piacere di esser buono con voi, la
bontà vi commosse, e vi faceste serena, ma vi era una
curiosa esitazione nelle vostre maniere, però mi guarda-
vate con un certo turbamento, con un dubbio mal celato;
non sapevate ove mi avrebbe spinto il capriccio e vi do-
mandavate se sarei stato per voi un padrone severo o un
amico benigno.
"Mi piaceva di sentirvi pronunziare il mio nome e vi
volevo troppo bene, Jane, per atteggiarmi a padrone.
"Quando vi stendevo cordialmente la mano, il vostro
viso giovanile si faceva così raggiante di luce e di gioia,
che dovetti spesso farmi violenza per non stringervi fra
le braccia.
— Non mi parlate di quei giorni, — dissi asciugando-
mi furtivamente le lagrime.
Il suo linguaggio era una tortura per me, perché sape-
vo quello che dovevo fare subito, e tutte quelle remini-
scenze e quelle rivelazioni rendevano più difficile il mio
compito.
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