Page 50 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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Penelope e l’America














          L’unica  cosa  che  mi  interessa  profondamente  è  scrivere  libri.  Ora,  voglia  ne  ho.
          Belle idee, anche. Rispetto e terrore per l’impresa di scrivere un libro che sia un
          libro, in abbondanza. Ma ne sono capace?          17



          Penelope alla guerra nacque da un’esperienza simile a quella raccontata nel libro.
          Non uguale, simile.  È diritto e dovere dello scrittore reinventare la realtà, ovvio.
          Giò, la protagonista, ero io a quel tempo. E v’è un episodio in quel libro che rasenta
          la cronaca. È l’episodio di Giò che rinuncia alla sua verginità. Accadde proprio a
          quel  modo,  a  me.  Quando  scoprì  che  ero  vergine,  lui  si  mise  a  piangere.  E  io  lo
          consolavo, gli dicevo: «Non è nulla, non è nulla, non piangere!».



          È un romanzo ancora interessante. Naturalmente non è certo ciò che scriverei oggi, lo
          giudico  un  tentativo  di  romanzo,  un divertissement.  Ci  lavorai  così  poco  ed  ero
          inesperta.  Però  l’idea  è  grossa.  È  l’idea  di  un  femminismo ante  litteram.  Ed  è
          straordinario che a quel tempo, quando nessuno parlava del problema della donna,
          d’istinto io abbia scritto quella storia.



          È vero anche l’episodio finale, quando lei esce nel mattino freddo e il vento trascina
          un giornale sul marciapiede. Mi accadde proprio così. Lo sento ancora quel freddo,
          lo vedo ancora quel giornale trascinato dal vento. Fu a New York. Accadde a New
          York. E avevo ormai ventisei anni.       18


          New York è un miracolo che mi sorprende ogni giorno di più […]. Non si vedono

          statue,  in  quest’isola  tagliata  in  rettangoli  perpendicolari  ed  uguali,  né  cupole,  né
          giardini. Il bosco di cemento si alza, tragico e grigio, senza una curva, una voluta
          bizzarra,  un  filo  di  verde.  Ovunque  si  perde  lo  sguardo  trovi  spigoli  duri,
          geometriche scale di ferro, cubi di sasso. Eppure tutto, in quest’assenza di grazia, ha
          un sapor di magia: dai grattacieli che si irrigidiscono come giganti pietrificati alla

          paura che ti mozza il respiro quando ti inoltri per strade che non finiscono mai, ma in
          fondo a ogni strada c’è uno strappo di azzurro che ti libera dalla paura. Col sole, i
          vetri brillano più dei diamanti. Col buio, bruciano più delle stelle.          19
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