Page 49 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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sopravvissuta a un diluvio universale dove siano affogate tutte le donne del mondo.



          Questa  fascia  di  terra  dove  non  esistono  zitelle,  né  matrimoni  d’amore,  e  la
          matematica  diventa  opinione,  comprende  ben  seicento  milioni  di  persone  la  metà
          delle quali, a occhio e croce, son donne che vivono dietro la nebbia fitta di un velo e
          più che un velo è un lenzuolo il quale le copre dalla testa ai piedi come un sudario:

          per nasconderle agli sguardi di chiunque non sia il marito, un bimbo o uno schiavo
          senza  vigore.  Questo  lenzuolo,  che  si  chiami  purdah  o  burkah  o  pushi  o  kulle  o
          djellabah,  ha  due  buchi  all’altezza  degli  occhi  oppure  un  fitto  graticcio  alto  due
          centimetri e largo sei: attraverso quei buchi o quel graticcio esse guardano il cielo e
          la  gente  come  attraverso  le  sbarre  di  una  prigione.  Questa  prigione  si  estende
          dall’Oceano  Atlantico  all’Oceano  Indiano  percorrendo  il  Marocco,  l’Algeria,  la
          Nigeria, la Libia, l’Egitto, la Siria, il Libano, l’Iraq, l’Iran, la Giordania, l’Arabia

          Saudita, l’Afghanistan, il Pakistan, l’Indonesia: il regno sterminato dell’Islam.            15


          Da  un  capo  all’altro  della  Terra  le  donne,  come  gli  uomini,  vivono  in  modo
          sbagliato, senza quel sano equilibrio che dà la giustizia e il buon senso. O vivono
          segregate come le bestie di uno zoo, guardando il cielo e la gente dalla prigione di un

          lenzuolo  che  le  avvolge  come  un  sudario  avvolge  il  cadavere,  o  vivono  come
          domatori in giacca rossa e alamari, il frustino schioccante nella mano. Io non so se la
          pena più profonda l’ho provata dinanzi alla mussulmana che mendicava un posto in
          un ospizio o dinanzi alla soldatessa di Ankara che vinceva le medaglie nelle gare di
          tiro coi maschi. Non so se mi abbia spaventato di più la dottoressa indiana che aiuta
          il  suo  Paese  a  fabbricare  meno  bambini  o  la  geisha  di  Kyoto  che  se  ne  stava
          immobile come una farfalla infilzata con uno spillo nel muro. Certo la schiavitù è
          terribile e gelida ma la libertà male intesa può essere altrettanto terribile e gelida.

          Molte  volte,  nel  corso  di  questo  viaggio,  non  ho  saputo  stabilire  quale  delle  due
          fosse peggiore.   16
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