Page 28 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
P. 28

Medico mancato














          Finito il liceo e giunta l’ora di andare all’università, non scelsi letteratura o filosofia
          o  scienze  politiche:  scelsi  medicina  ed  entrai  alla  facoltà  di  medicina  di  Firenze,
          cosa  che  nessuno  si  aspettava  facessi.  Non  dicevo  che  avrei  fatto  lo  scrittore?  si
          chiedevano. E allora cosa c’entrava la medicina con la scrittura? E vedevano la mia
          scelta come il capriccio di una bambina che non sapeva cosa stava facendo. (Uso la

          parola bambina perché lo ero. Avevo saltato due anni di liceo, sicché avevo sedici
          anni.  All’inizio  non  volevano  nemmeno  ammettermi,  dicevano  che  avrei  dovuto
          aspettare  i  diciotto  anni  o  almeno  i  diciassette.)  Si  prendevano  gioco  di  me,
          scuotevano la testa come fossi una svitata, e solo uno zio (mio zio Bruno che era un
          grande  giornalista  e  uomo  di  lettere)  prese  con  forza  le  mie  difese.  Disse:  «La
          bambina ha ragione. Se vuole diventare uno scrittore, ha solo due strade. La prima è
          non  andare  all’università  perché  le  università  trasformano  in  idiota  anche  chi  è

          intelligente; la seconda è studiare medicina, che non è tanto meglio da questo punto
          di vista, ma quantomeno è una materia di studio seria e la più umanistica fra tutte».
               Esattamente quello che pensavo io, quello che continuo a pensare. Nessun’altra
          disciplina  ha  tanto  a  che  fare con  l’Uomo,  la  conoscenza  dell’Uomo,  la
          comprensione dell’Uomo, quanto la medicina. E quando dico Uomo, non intendo il
          suo corpo: intendo la sua mente, la sua anima. […]

               E  in  effetti,  quella  bambina  di  sedici  anni  aveva  ragione  quando  si  iscrisse  a
          medicina  per  diventare  scrittore.  E  come  ero  orgogliosa  d’essere  uno  studente  di
          medicina! Amavo così tanto gli illimitati orizzonti della conoscenza umana che mi
          offrivano la biologia e la fisiologia e la patologia, che potevo perfino sottopormi
          forzatamente alla noiosa impresa di memorizzare i nomi delle ossa (c’era un osso
          che odiavo particolarmente: lo sfenoide), o al peso delle lezioni di anatomia, alla
          penosa  attività  di  sezionare  i  cadaveri.  (Oh,  l’orrore  di  quei  brandelli  di  carne,

          l’odore nauseante, la vista del sangue!  Non potevo sopportarlo.  E sorrido quando
          penso a tutto il sangue, tutto l’odore, tutti i cadaveri e i brandelli di carne che ho
          invece  dovuto  sopportare  come  corrispondente  nelle  zone  di  guerra  in  cui  sono
          stata.) 30



          Restai a medicina molto poco. Non potevo mantenermi da sola all’università: mio
          padre, su questo punto, era stato chiaro fin dall’inizio. Non aveva i soldi per farmi
   23   24   25   26   27   28   29   30   31   32   33