Page 30 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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Primo lavoro, primo licenziamento














          A  16  anni  e  mezzo  m’ero  presentata  senza  raccomandazioni  al  capocronista  del
          «Mattino dell’Italia Centrale», a Firenze, e gli avevo chiesto di farmi lavorare.
               Perché  un  giornale  e  non  qualcos’altro?  Perché  mi  venne  spontaneo  cercare
          lavoro in un giornale. Anzi, non pensai mai ad un altro lavoro che non fosse il lavoro
          in un giornale. Il capocronista mi trattò all’inizio con una certa ironia. Dimostravo

          meno della mia età, avevo i calzini corti e le scarpe basse, non mi truccavo. E in più
          ero  così  piccola  di  statura  e  magrolina.  Mi  chiese  di  «tentare»  un  capocronaca.
          Glielo  scrissi  a  mano  così  rivelando  di  non  saper  scrivere  nemmeno  a  macchina.
          Urlando disse che nei giornali si scrive a macchina, non a mano, e mi buttò dinanzi a
          una macchina da scrivere.  Con un dito, per un pomeriggio interminabile, copiai il
          mio  capocronaca  che,  stranamente,  venne  pubblicato.  Era  una  specie  di  satira  di
          costume sulle mamme che accompagnavano le figlie ai dancing lungo il fiume Arno,

          affinché vi trovassero il marito.
               Da  quello  ne  seguirono  altri  e,  presto,  l’incarico  di  reporter  di  nera:  così
          vengono  chiamati  nei  quotidiani  i  cronisti  che  si  occupano  dei  fattacci,  delle
          disgrazie, eccetera. Facevo il giro dei commissariati, degli ospedali, in bicicletta,
          alla periferia,  anche  due  o  tre  volte  al  giorno.  (Gli  altri  avevano  l’automobile
          invece.) La sera invece pensavo alla cronaca delle province. Lavoravo fino alle due

          o alle tre del mattino. Rientravo a casa col primo camioncino che portava i giornali
          impacchettati  alla  stazione.  La  mattina  mi  svegliavo  alle  sette  e  alle  otto  andavo
          all’università. Ci restavo fino a mezzogiorno, talvolta ci tornavo nel pomeriggio, ma
          avevo sempre sonno, ero sempre così stanca. In pochi mesi scesi a 38 e poi a 37
          chili.  Mi  ammalai  e  fu  allora  che  decisi  di  lasciare  l’università,  dedicarmi
          completamente al giornalismo. […]
               Decisamente,  la  mia  strada  era  quella  che  ho  presa. A  17  anni  ero  passata  a

          occuparmi anche di cronaca giudiziaria.  Prima la  Pretura, poi il  Tribunale, poi la
          Corte d’Assise. Per diversi anni feci la cronaca di processi, anche celebri. Sempre
          per  il  «Mattino  dell’Italia  Centrale»  cui  appartenevo  ormai  ufficialmente.  Poi,  il
          giorno  in  cui  compii  20  anni,  scrissi  qualcosa  per  «L’Europeo»  che  allora  si
          stampava in grande formato, come «L’Espresso» di oggi, ed era diretto da Arrigo
          Benedetti.

               Lavorare per «L’Europeo» era sempre stato il mio sogno segreto: era il giornale
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