Page 27 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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gridando viva la libertà, non viva la patria…
Successe un finimondo. Alcuni dei professori che componevano la commissione
esaminatrice sostenevano che ero pazza e immatura, altri che ero savia e
insolitamente matura. Vinsero i secondi e mi dettero dieci meno. Il meno per via d’un
errore d’ortografia che nella foga antipatriottica m’era sfuggito dal pennino. E la
cosa fece notizia perché, si disse, accadeva ogni morte di papa che qualcuno
prendesse un dieci agli esami di Stato, figuriamoci quest’anno di vendetta e di
massacro. Il presidente della commissione era il professor Borghi, celebre patologo
e futuro Rettore Magnifico dell’Università di Firenze. Alle prove orali me ne
informò: «Il suo compito ci ha fatto bisticciare. O le davamo zero o le davamo dieci.
Le abbiamo dato dieci meno». Poi: «Lei scrive bene. Cosa vuol fare da grande?».
«Scrivere» risposi. E a pronunciare quel verbo mi tornò la memoria perduta con
l’esaurimento nervoso, detti bellissimi esami. Raccontai tutto sulla pepsina,
sull’amilopsina, sul sistema digerente, sulla cupola di Brunelleschi, sull’impero
austroungarico, su Tacito, Erodoto. Mandando in estasi Mario Manlio Rossi,
l’insegnante di filosofia che ghignava sentiamo-cosa-vuole-questa-rompiscatole,
tenni una specie di lezione su Kant (che era il mio cavallo di battaglia) e finsi
perfino d’aver capito il relativismo di Einstein. Brillai meno a matematica e fisica, è
vero: le due materie m’erano odiose e le avevo studiate meno delle altre. Ma il
professor Mancinelli, dimenticando i rimproveri che m’aveva inflitto per anni, mi
strizzò un occhio ed esclamò ai colleghi: «È stanca ma preparata. Per me basta
così». Dopo mi regalò un immeritatissimo sette che insieme a un altro sette si sommò
a due nove e, poiché il resto era una pioggia di otto, ottenni la maledetta media
antitasse. Con quella mi iscrissi a medicina obbedendo allo zio Bruno, noto critico e
giornalista, il quale affermava che per diventare scrittori non bisogna laurearsi in
lettere né frequentare letterati. E qualche mese dopo ero reporter di cronaca nera. 29