Page 17 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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Essere bambini non è una felicità














          A  Firenze  sono  cresciuta  e  ho  studiato.  Vi  ho  trascorso  insomma  l’infanzia  e
          l’adolescenza. La mia infanzia non è stata allegra, i miei genitori erano abbastanza
          poveri. Mio padre possedeva una piccola «bottega artigiana» fiorentina, con tre o
          quattro operai che gli costavano tutto il guadagno. Quale antifascista militante, era
          anche un perseguitato politico e ciò non aiutò certo a farmi vivere agi fisici e morali.

          Mi servì tuttavia come ottima educazione alla disciplina e alla consapevolezza che la
          vita non è una facile avventura.     8


          C’era  la  guerra,  c’era  Mussolini,  c’era  la  povertà.  E  anche  i  rimproveri,  gli
          sculaccioni, non fare questo, non fare quest’altro. No, no, no! La mia infanzia non è
          stata divertente. Essere bambini non è una felicità.        9



          Sono nata in un’epoca in cui il vero giornalismo non esisteva nel mio Paese, come
          sotto ogni tirannia.  Sopravviveva solo grazie ai giornali clandestini.  Ebbi però la
          fortuna, e il privilegio, di nascere in una famiglia antifascista. Mio padre era uno dei
          capi del movimento clandestino di Firenze. Un giorno, avevo circa nove o dieci anni,
          credo,  trovai un  giornale  che  diceva  cose  totalmente  diverse  da  quelle  che  ero

          abituata a sentire a scuola. (Infatti, come saprete di certo, sotto una tirannia anche la
          scuola è serva obbediente di chi comanda.) Il giornale diceva, tra l’altro, che Hitler
          e Mussolini erano due assassini. Così lo mostrai a mio padre e gli chiesi: «Cos’è
          questo?». E mio padre rispose: «È un giornale che dice la verità». Allora domandai:
          «È  per  questo  che  non  lo  vendono  nelle  edicole?».  E  mio  padre  rispose:  «È  per
          questo».  Ne  rimasi  così  scioccata,  così  scandalizzata,  che  gridai  (me  lo  hanno
          raccontato in seguito): «Un giorno scriverò per giornali che dicono la verità e che

          vengono venduti nelle edicole». (Bè, non so se è quello che in effetti avviene…)               10


          Una volta, da bambina, avevo visto Hitler e Mussolini. Era stato a Firenze, l’estate
          in  cui  Hitler  era  venuto  in  Italia,  e  avevo  potuto  vederli  grazie  a  una  zia  che  era
          sposata  a  un  fascista.  Colpa  per  cui  in  famiglia  la  rimproveravano  tutti,

          incominciando  da  mio  padre  che  la  salutava  a  fatica,  e  l’unica  persona  che  le
          mostrasse indulgenza era mia madre per la quale essere sposati a un fascista non era
          una colpa bensì una disgrazia come avere il cancro: si può forse maltrattare chi ha il
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