Page 20 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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I miei eroi
La mia fanciullezza è piena di eroi perché ho avuto il privilegio di esser bambina in
un periodo glorioso […]. Ho frequentato gli eroi come gli altri ragazzi collezionano i
francobolli, ho giocato con loro come le altre bambine giocano con le bambole. Gli
eroi, o coloro che mi sembravano tali, riempirono fino all’orlo undici mesi della mia
vita: quelli che vanno dall’8 settembre 1943 all’11 agosto 1944, l’occupazione
tedesca di Firenze. Credo di aver maturato a quel tempo la mia venerazione per il
coraggio, la mia religione per il sacrificio, la mia paura per la paura. […]
Li incontravo ogni giorno i miei eroi, per casa, per strada, in campagna. Ero una
bambina senza illusioni, a quel tempo, una bambina dura e cosciente, niente mi
veniva taciuto e niente mi veniva minimizzato: ogni volta che li incontravo, i miei
eroi, sapevo che poteva essere l’ultima volta. Li amavo a tal punto, per questo, che
mi sarei lasciata morire per ciascuno di loro: senza aspettare l’arrivo degli Alleati,
del pane bianco e della cioccolata. Li rispettavo a tal punto che quando la guerra finì
essi rimasero in me come un gioiello prezioso. 13
Gli Alleati bombardarono per la prima volta Firenze e commisero un mucchio di
errori. Anziché centrar l’obbiettivo cioè la ferrovia che i tedeschi usavano per il
trasporto delle armi e delle truppe, colpirono il quartiere attiguo e l’antico cimitero
di piazza Donatello. Il Cimitero degli Inglesi, quello dove è sepolta Elizabeth Barrett
Browning. Io ero col babbo presso la chiesa della Santissima Annunziata che da
piazza Donatello dista appena trecento metri, quando le bombe incominciarono a
cadere. Per sfuggirvi ci rifugiammo lì, e chi lo conosceva l’orrore d’un
bombardamento? Ad ogni scarica le solide mura della chiesa oscillavano come
alberi investiti dalla bufera, le vetrate si spaccavano, l’impiantito sobbalzava,
l’altare dondolava, il prete urlava: «Gesù! Aiutaci, Gesù!». D’un tratto presi a
piangere. In maniera tacita, composta. Niente gemiti, niente singhiozzi. Ma il babbo
se ne accorse lo stesso e credendo d’aiutarmi, povero babbo, fece una cosa
sbagliata. Mi tirò uno schiaffo tremendo. Dio, che schiaffo. Peggio. Mi fissò negli
occhi, mi sibilò: «Una ragazzina non piange». Così dal 25 settembre 1943 non piango
più. Ringraziare il Cielo se all’occorrenza mi si inumidiscono gli occhi, mi si chiude
la gola. Però dentro piango più di chi piange con le lacrime. 14