Page 12 - Oriana Fallaci - Solo io posso scrivere la mia storia
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un omosessuale e quando lo dicevano si arrabbiava. «Non è vero, non è vero! Gli

          piacevo io! Gli piacevano le donne!» Diceva anche che era «un bell’omone». Tutto
          il  contrario  di  mio  padre  che  era  piccolo  e  magro.)  Ma  si  mise  quel  cappello,  il
          babbo disse: «Che belle ciliege!» e la domenica seguente andarono a fare un pic nic
          su  Monte  Morello.  Venni  concepita  su  Monte  Morello.  Era  una  domenica  di  fine
          ottobre. Erano entrambi vergini. E il Caso volle che quel giorno, quella domenica, la
          mamma  fosse  anche  feconda.  Infatti  quella  fu  l’unica  occasione  in  cui  fecero

          all’amore non da sposati. «Dopo ci venne una paura» mi disse una volta la mamma
          «che non ci provammo più.» Però appena la mamma seppe d’essere incinta, il babbo
          si comportò bene. Le fece fare le valige e la portò in via del Piaggione. Qui nessuno
          la voleva e tutti, fuorché il nonno, la trattavano malissimo. Divenne la Cenerentola di
          casa: quella che lava i panni. «Lava, lava» mi diceva la nonna. «E non voleva che ci
          sposassimo.»
               Nacqui di notte: bellissima. «Non eri rossa e grinzosa come gli altri neonati»

          diceva sempre la mamma. «Eri bianca, liscia, e bellissima. E non piangevi mai. Tutti
          i bambini piangono. Tu, mai. Sempre zitta. Guardavi, guardavi, fissavi le cose e noi,
          e  zitta.  Infatti  l’ottavo  giorno  mi  spaventai. Credevo che tu fossi nata senza corde
          vocali e ti portai dal dottore che ti visitò e disse: “No, no. Ce l’ha”. Poi ti pizzicò
          sotto i piedi, e tu esplodesti in una gran risata. Cantasti: “Glu, glu”. Allora lui ripeté:
          “Visto?  Le  ha”.  Non  piangevi  nemmeno  quando  avevi  fame.  Succhiavi  il  dito  e

          basta.» A quaranta giorni venni battezzata.  La cerimonia avvenne nella chiesa del
          Carmine, sotto un affresco del Masaccio: la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso
          Terrestre.  So benissimo che non sarò creduta, ma quando – adolescente – vidi la
          cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre ebbi l’impressione di averla già
          veduta molto tempo addietro. E la mamma diceva: «Non piangesti nemmeno quando
          il prete ti cosparse con l’acqua ghiacciata. Rimanesti lì tranquilla a fissare Dio che
          cacciava Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre».




                                                           ***


          Il  personaggio  più  affascinante  e  irraggiungibile  era  Bruno:  l’intellettuale  della
          famiglia, soprannominato dal nonno  Settecervelli.  Bruno lavorava alla «Nazione»,
          apparteneva  ormai  a  un  mondo  completamente  diverso.  Il  mondo  della  gente  che
          scrive. Non lo ricordo, nei primi anni della mia vita. Non riesco a dargli un volto.
          Invece ricordo bene sua moglie: la zia Gianna. Era (o mi sembrava) bellissima. Era

          alta, elegante, portava il cappello e la volpe. Aveva un lunghissimo volto affilato e
          sofferente,  truccato  con  cura,  ed  immensi  occhi  ghiacci.  A  volte  arrivava  con  un
          mazzo  di  rose  che  dava  alla  nonna.  Ma  la  nonna  non  le  gradiva  e  un  giorno  le
          sbatacchiò sul tavolo della sala da pranzo ruggendo: «Che fiori o non fiori! Attacca i
          bottoni alla camicia di mio figlio, piuttosto!». La zia Gianna scoppiò in lacrime e

          scappò. Però la vedevo abbastanza spesso anche a casa sua perché la mamma andava
          a pulire la sua casa di lungarno Archibusieri e mi portava con sé.
               Nei lampi del ricordo la zia Gianna è sempre adagiata su un divano del salottino
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