Page 96 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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raro che i giudizi degli occidentali piacciano a Yassir Arafat: settimane fa,
egli si oppose alla pubblicazione di un’intervista concessa a «Der Spiegel»
sostenendo che era stata scritta «sotto l’in uenza sionista». Con la stessa
accusa, anzi scusa, molte altre cose non gli piaceranno in questo
reportage. Giacché, se è vero che gli uomini sono soltanto uomini a
qualunque razza o religione o cultura appartengano, è anche vero che
non si prescinde dal modo di sentire e pensare che matura in noi col clima
e coi secoli. L’incontro tra un arabo che crede senza riserve alla guerra e
un’europea che non ci crede più, è un incontro immensamente di cile:
anche perché quest’ultima resta imbevuta del suo cristianesimo, del suo
odio per l’odio, e l’altro invece resta infagottato dentro la sua legge
dell’occhio-per-occhio-dente-per-dente: epitome di ogni orgoglio. Ma v’è
un punto in cui tale orgoglio fa difetto, ed è laddove Yassir Arafat invoca
la comprensione altrui o pretende di trascinare dentro la sua barricata chi
è sconvolto dai dubbi.
Interessarsi alla sua causa, ammetterne la fondamentale giustizia,
criticarne i punti deboli e rischiare quindi la propria incolumità sica e
morale, non è un dono che a lui basti. Forse feci male a non ricordargli
che, quando noi facevamo la nostra guerra, non solo egli si disinteressava
di noi ma ignorava per no che noi esistessimo. Perché da noi non c’erano
giornalisti arabi che si curassero di venire al fronte, ascoltare con un
magnetofono, riferire con fedeltà, e propagandarci.