Page 100 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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analizzo  Hussein,  non  dimentico  che  suo  nonno  era  un  leader  della
          rivoluzione araba: egli non può essersene dimenticato. Tuttavia esistono

          divergenze  molto  profonde  tra  noi  e  Hussein,  divergenze  che  si
          riassumono  in  un  fatto  preciso:  lui  crede  a  una  soluzione  paci ca  e  noi
          vogliamo  la  guerra.  Lui  insiste  nella  sua  politica  e  noi  nella  nostra.  È
          inevitabile che le due politiche si scontrino  no a un con itto armato? A
          tale domanda, e malgrado gli ultimi incidenti, né io né Hussein possiamo

          darle risposta perché la risposta non la conosciamo noi stessi. Sappiamo
          entrambi che tante cose possono cambiare: un giorno sembriamo sull’orlo
          della rottura e un giorno ci mettiamo d’accordo. La nostra alleanza con

          Hussein  è  solo  uno  stadio  della  nostra  lotta:  noi  non  abbiamo  né  amici
          permanenti  né  nemici  permanenti.  I  nostri  amici  di  oggi  possono
          diventare  i  nostri  nemici  di  domani,  e  viceversa.  Hussein  è  fra  questi  e
          non  solo  Hussein.  Altri  paesi  arabi  credono  a  un  accordo  paci co  e  si
          contenterebbero di vedere applicata la soluzione del Consiglio di sicurezza

          che  ordina  agli  israeliani  di  ritirare  le  truppe  dal  territorio  occupato.
          Chiunque  accetti  tale  soluzione  è  per  noi  un  nemico  o  sulla  strada  di
          diventare  un  nemico.  Sia  egli  arabo  o  russo  o  americano.  Con  Hussein

          siamo già stati nemici, un anno fa, quando egli non voleva più i  dayn in
          Giordania  e  fu  necessario  sparare  per  le  strade.  Sparammo  con  tale
          decisione addosso ai suoi soldati che egli dovette rimangiarsi la minaccia
          di  mandarci  via.  Stavolta  non  abbiamo  sparato  ma  egli  sa  che  siamo
          pronti a farlo e con forze che crescono di giorno in giorno. Egli sa che le

          autorità non ci interessano: ci interessa soltanto stare qui per compiere le
          nostre operazioni di guerra.


             Abu  Lotuf,  ragioniamo.  A  voi  interessa  stare  qui  ma  a  lui  no.  Perché  ogni
          volta  che  i   dayn  compiono  un  attacco,  la  rappresaglia  degli  israeliani  si
          scatena sulla Giordania. E Hussein deve preoccuparsi del suo popolo, no? È un
          suo diritto e un suo dovere proteggerlo, no?


             Ovvio che sul piano della logica io capisco anche lui. Nessun dubbio che
          Israele bombardi la Giordania per rispondere ai nostri attacchi. Ma se in
          guerra  ci  mettiamo  a  fare  considerazioni  logiche  o  umane,  non  si

          combatte più. La nostra lotta è molto di cile: noi non abbiamo una base
          come il Nord Vietnam, noi non possiamo muoverci nel nostro paese come
          fanno  i  vietcong.  Ci  è  indispensabile  appoggiarci  a  un  altro  paese,  e
          questo  paese  è  la  Giordania.  D’altra  parte,  la  maggioranza  della
          popolazione  giordana  è  palestinese:  quindi  esigere  che  quei  palestinesi

          combattano non è prepotenza. Sicché, se Hussein non può permettersi il
          lusso  di  tenerci,  noi  non  possiamo  permetterci  il  lusso  di  andare  via.
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