Page 86 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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della resistenza palestinese?


             Ma io non sono il capo! No! Veramente, lo giuro. Io sono appena un
          membro del comitato centrale, uno dei tanti, e per precisione quello cui è
          stato ordinato di fare il portavoce. Cioè di riferire cosa decidono altri. È
          un grosso equivoco considerarmi il capo: la resistenza palestinese non ha
          un capo. Noi tentiamo infatti di applicare il concetto della guida collettiva

          e  la  cosa  presenta  di coltà,  ovvio,  ma  noi  insistiamo  poiché  riteniamo
          indispensabile non affidare a uno solo la responsabilità e il prestigio.
             È  un  concetto  moderno  e  serve  a  non  recar  torto  alle  masse  che

          combattono,  ai  fratelli  che  muoiono.  Se  muoio,  le  sue  curiosità  saranno
          esaudite: lei saprà tutto di me. Fino a quel momento, no.

             Non  direi  che  i  suoi  compagni  vogliano  permettersi  il  lusso  di  lasciarla
          morire, Abu Ammar. E, a giudicare dalla sua guardia del corpo, direi che la

          ritengano molto più utile se resta vivo.

             No. È probabile invece che io sia molto più utile da morto che da vivo.

          Eh,  sì:  la  mia  morte  servirebbe  molto  alla  causa,  come  incentivo.
          Aggiungerò anzi che io ho molte probabilità di morire: potrebbe accadere
          stanotte, domani. Se muoio, non è una tragedia: un altro andrà in giro pel
          mondo a rappresentare Al Fatah, un altro dirigerà le battaglie… Sono più
          che pronto a morire e per la mia sicurezza non ho la cura che lei crede.


             Specialmente quando passa le linee e si reca in Israele: vero, Abu Ammar?
          Gli israeliani danno per certo che lei sia entrato in Israele due volte, sfuggendo

          alle loro imboscate. Aggiungono: chi riesce a far questo dev’essere assai furbo.

             Ciò che lei chiama Israele è casa mia. Quindi non ero in Israele ma a
          casa mia: con tutto il diritto di andare a casa mia. Sì, ci sono stato, ma
          molto più spesso che due volte sole.

             Ci vado continuamente, ci vado quando voglio. Certo, esercitare questo
          diritto è abbastanza di cile: le loro mitraglie sono sempre pronte. Però è
          meno di cile di quanto essi credano: dipende dalle circostanze, dai punti

          che si scelgono. È necessaria scaltrezza, in ciò hanno ragione. Non a caso
          quei viaggi noi li chiamiamo «viaggi della volpe». Però li informi pure che
          quei viaggi i nostri ragazzi, i  dayn, li compiono quotidianamente. E non
          sempre  per  attaccare  il  nemico.  Li  abituiamo  a  passare  le  linee  per
          conoscere  la  loro  terra,  per  muovercisi  dentro  con  disinvoltura.  Spesso

          arriviamo, perché io l’ho fatto,  no alla striscia di Gaza e  no al deserto
          del  Sinai.  Portiamo  anche  le  armi   n  là.  I  combattenti  di  Gaza  non
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