Page 255 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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sì, in passato, vi sono state fra me e loro serie di erenze, sia su questioni
          ideologiche, e cioè di principio, sia su fatti contingenti. Devo ammettere

          che in passato i paesi arabi hanno tenuto verso il mio paese atteggiamenti
          ingiusti, non realistici, e che spesso la nostra unione s’è incrinata.
             Ma  non  posso  dire,  non  devo  dire,  che  il  verdetto  di  Rabat  è  stato
          dettato da ostilità verso di me e verso la Giordania. Lei deve considerare
          che  i  paesi  arabi  stanno  vivendo  un  periodo  di cile,  un  periodo  di

          transizione. Deve tener conto che stiamo lavorando per le generazioni a
          venire, che stiamo costruendo le basi del nostro futuro…


             Sì,  sì,  ma  parliamo  del  presente,  maestà.  È  vero o  non  è  vero  che  negli
          ultimi anni la Giordania è stata tenuta dagli arabi in un notevole isolamento? È
          vero  o  non  è  vero  che  tale  isolamento  s’è  accentuato  dopo  la  sanguinosa
          cacciata dei fidayn dal suo paese?


             Sì, suppongo che sia vero. I capi arabi non compresero che il mio non
          era stato a atto un gesto contro i palestinesi o il risultato di una ostilità
          giordano-palestinese, bensì l’unico modo possibile per ristabilire l’ordine e

          la legge contro l’anarchia. Non compresero, o non vollero comprendere,
          che  io  avevo  fatto  di  tutto  per  evitare  lo  scontro  del  settembre  1970.  I
          miei  sforzi  locali  erano  stati  immensi.  Tanto  immensi  quanto  inutili.
          L’anarchia  in  cui  quei   dayn  avevano  precipitato  il  mio  paese  era
          estrema, averli qui era diventato un incubo… Un incubo! Lei stessa se ne

          accorse quando venne qui e mi chiese: «Chi comanda in Giordania?». Non
          si  comportavano  da  ospiti,  da  fratelli:  si  comportavano  da  padroni.
          Anziché  dirigere  la  loro  azione  sui  territori  occupati  da  Israele  si

          sfogavano  su  di  noi:  uno  avrebbe  detto  che  avevano  scambiato  la
          Giordania  per  Israele,  che  la  resistenza  la  facevano  qui  dove  erano  al
          sicuro. Qui dove non avevano nulla da temere. Ah! Lei ha incominciato il
          nostro colloquio ricordando i fatti di allora e paragonandoli ai fatti di ora:
          ma un paragone non è nemmeno possibile, niente è mai stato e sarà così

          tremendo per me come quel periodo. Non riuscivo più a farli ragionare. E
          non solo i giordani, anche i palestinesi della Giordania mi chiedevano di
          intervenire, porre un riparo, ristabilire la legge contro la loro anarchia, i

          loro  abusi,  le  loro  prepotenze.  Dovevo,  alla   ne,  decidermi.  E  mi  decisi
          quando  non  avevo  più  scelta,  quando  fui  sul  punto  di  perdere
          completamente  il  controllo  del  mio  paese.  Se  avessi  lasciato  andare  le
          cose un poco più avanti, la tragedia sarebbe stata doppia! Deve credermi!


             Vorrei crederle, maestà. Però le credetti anche quando mi disse: «Non è che
          non possa mandarli via, è che non voglio mandarli via». E poco dopo ci fu il
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