Page 179 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Golda Meir




             ORIANA  FALLACI. Signora  Meir,  ma  quando  avverrà  la  pace  nel  Medio
          Oriente?

             Riusciremo a vederla, tale pace, nel giro della nostra vita?

             GOLDA MEIR. Lei sì, penso. Spero… Forse… Io no di certo. Io credo che
          la  guerra  nel  Medio  Oriente  durerà  ancora  molti,  molti  anni.  E  le  dico

          perché.  Per  l’indi erenza  con  cui  i  capi  arabi  mandano  a  morire  la
          propria  gente,  per  il  poco  conto  in  cui  tengono  la  vita  umana,  per
          l’incapacità  dei  popoli  arabi  a  ribellarsi  e  a  dire  basta.  Ricorda  quando
          Krusciov  denunciò  i  delitti  di  Stalin,  durante  il  Ventesimo  congresso

          comunista?  Si  alzò  una  voce  dal  fondo  della  sala  e  disse:  «Compagno
          Krusciov, e tu dov’eri?». Krusciov scrutò in cerca di un volto, non lo trovò,
          e chiese: «Chi ha parlato?». Nessuno rispose.
             «Chi ha parlato?» chiese di nuovo Krusciov. E di nuovo nessuno rispose.

          Allora Krusciov esclamò: «Compagno, io ero dove tu sei ora». Bè, il popolo
          arabo è proprio dov’era Krusciov, dov’era colui che lo rimproverava senza
          avere  il  coraggio  di  mostrare  il  suo  volto.  Alla  pace  con  gli  arabi  si
          potrebbe  arrivare  solo  attraverso  una  loro  evoluzione  che  includesse  la

          democrazia.  Ma  ovunque  giro  gli  occhi  e  li  guardo,  non  vedo  ombra  di
          democrazia. Vedo solo regimi dittatoriali. E un dittatore non deve rendere
          conto  al  suo  popolo  di  una  pace  che  non  fa.  Non  deve  rendere  conto
          neppure  dei  morti.  Chi  ha  mai  saputo  quanti  soldati  egiziani  son  morti

          nelle due ultime guerre?
             Solo  le  madri,  le  sorelle,  le  mogli,  i  parenti  che  non  li  hanno  visti
          tornare. I capi non si preoccupano neanche di sapere dove sono sepolti,
          se sono sepolti. Noi invece…


             Voi…?

             Guardi questi cinque volumi. Raccolgono la fotogra a e la biogra a di

          ogni soldato e di ogni soldatessa morti alla guerra. Ogni singola morte,
          per noi, è una tragedia. A noi non piace fare le guerre: neppure quando le
          vinciamo. Dopo l’ultima, non c’era gioia per le nostre strade. Non c’erano
          danze,  né  canti,  né  feste.  E  avrebbe  dovuto  vedere  i  nostri  soldati  che

          tornavano vittoriosi. Erano, ciascuno, il ritratto della tristezza. Non solo
          perché  avevano  visto  morire  i  loro  fratelli,  ma  perché  avevano  dovuto
          uccidere  i  loro  nemici.  Molti  si  chiudevano  in  camera  e  non  parlavano
          più.  Oppure  aprivano  bocca  per  ripetere,  in  un  ritornello:  «Ho  dovuto
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