Page 184 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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movimento rivoluzionario sorto per rovesciare lo zar, c’era un partito che
          considerava il terrore come unico strumento di lotta. Un giorno un uomo

          di questo partito fu mandato con una bomba all’angolo di una strada per
          cui  doveva  passare  la  carrozza  di  un  alto  u ciale  dello  zar.  All’ora
          stabilita,  la  carrozza  passò.  Ma  l’u ciale  non  era  solo:  lo
          accompagnavano la moglie e i bambini. Dunque quel vero rivoluzionario
          che fece? Non gettò la bomba. Lasciò che gli scoppiasse in mano e morì

          dilaniato. Senta, anche noi durante la guerra di Indipendenza avevamo i
          nostri gruppi terroristici: lo Stern, la Irgun. E io li avversavo, li avversai
          sempre. Però nessuno di loro si macchiò mai delle infamie di cui gli arabi

          si macchian con noi. Nessuno di loro mise mai bombe nei supermarket, o
          dinamite negli autobus dei bambini. Nessuno di loro provocò mai tragedie
          come quella di Monaco o di Lidda.

             E  come  combattere  quel  terrorismo,  signora  Meir?  Lei  crede  davvero  che

          bombardare i villaggi libanesi serva a qualcosa?

             Fino a un certo punto, sì. Certo. Perché in quei villaggi ci sono i  dayn.

          Gli stessi libanesi dicono: «Certe-zone-sono-territorio-di-Al-Fatah». Dunque
          certe  zone  vanno  ripulite.  A  ripulirle  dovrebbero  pensarci  i  libanesi.  I
          libanesi  a ermano  di  non  poter  farci  nulla.  Ebbene,  anche  Hussein
          a ermava questo al tempo in cui i  dayn erano accampati in Giordania.
          Lo a ermavano per no i nostri amici americani: «Non è che Hussein non

          voglia mandarli via! È che non ha la forza sufficiente per mandarli via».
             Però,  nel  settembre  del  1970,  quando  Amman  fu  in  pericolo  e  il  suo
          palazzo fu in pericolo e lui stesso si trovò in pericolo, Hussein si accorse

          che poteva farci qualcosa.
             E li liquidò. Se i libanesi continuano a non farci nulla, noi rispondiamo:
          «Benissimo. Ci rendiamo conto delle vostre di coltà. Non potete. Ma noi
          possiamo. E, tanto per dimostrarvelo, bombardiamo le zone che ospitano i
           dayn». Più di ogni altro paese arabo, forse, il Libano o re ospitalità ai

          terroristi. I giapponesi che commisero la strage di Lidda erano partiti dal
          Libano. Le ragazze che tentarono di dirottare l’aereo della Sabena a Tel
          Aviv erano state allenate nel Libano. I campi di addestramento sono nel

          Libano. Dobbiamo starcene forse con le mani in mano, a pregare gli dèi e
          a  mormorare  «speriamo-che-non-succeda»?  Non  serve  pregare.  Serve
          contrattaccare.
             Con tutti i mezzi possibili, compresi i mezzi che a noi non piacerebbero.
          Certo che preferiremmo combatterli in campo aperto. Ma visto che non è

          possibile…
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