Page 173 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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ricorderò di lui  nché campo. Magari me ne dimenticassi. Era un tipo più
          alto  di  me,  molto  alto.  O  forse  m’è  sembrato  molto  alto  perché  io  sono

          molto piccolo. Era magro e svelto e indossava un golf giallo coi pantaloni
          neri. Vestito bene, da ricco. Tutto in lui aveva l’aria di un liceo. No, non
          aveva la maschera. Non era incappucciato. Era a viso scoperto. E aveva
          un viso secco, lungo, tirato. Sai quei visi con gli zigomi in fuori, cattivi. E
          poi  aveva  i  capelli  lunghi,  più  lunghi  dei  miei.  E  neri,  ricciuti.  E  poi  si

          muoveva da capo, da comandante. Voglio dire: si capiva subito che era un
          comandante.
             Energico,  sicuro,  deciso.  Sai.  Il  tipo  senza  paura.  Non  sembrava

          nemmeno nervoso.
             Nemmeno un po’ nervoso. E non sprecava parole. Mi ha guardato negli
          occhi,  dall’alto  in  basso,  poi  ha  appena  schiuso  la  bocca  e  ha  detto  in
          inglese: «Come on». Che in inglese vuol dire: «Vieni. Su, vieni». Io un po’
          di inglese lo so. Mi ha detto: «Come on» e poi, col fucile, mi ha fallo segno

          di mettermi accanto a Slavine e a Hal n. E io mi ci sono messo. Ero così
          sorpreso,  pietri cato.  Ero  anche  così  assonnato.  Realizzavo  e  non
          realizzavo, mi spiego? Inoltre lui era il tipo… Guarda, era il tipo cui non

          si  disubbidisce  perché  il  suo  tono  è  il  tono  di  chi  fa  sul  serio.  Mi  sono
          messo accanto a Slavine e a Hal n, dicevo. Zitto, senza neanche guardarli
          in faccia: sicché non posso dirti che faccia avessero loro due. Posso dirti
          soltanto  che  eran  mezzi  nudi:  indossavano  le  mutande  e  basta.  Non
          avevano nemmeno le scarpe. Ed erano sotto la minaccia di un altro arabo

          che gli puntava addosso il fucile, ma questo arabo era diverso dal primo.
          Era  molto  giovane  e  molto  nervoso.  Non  faceva  che  muovere  i  muscoli
          della faccia e roteare gli occhi come se si aspettasse qualcosa. E indossava

          una camicia nera. Mi sono accorto di questo alla svelta perché è successo
          tutto alla svelta.
             Voglio  dire:  io  m’ero  appena  messo  con  Slavine  e  Hal n  che  il
          comandante ha ripetuto la stessa cosa con Berger. Gli ha puntato addosso
          il  fucile,  il  fucile  era  un  kalashnikov,  e  gli  ha  detto  come  a  me:  «Come

          on». E Berger ha ubbidito. È uscito subito, scalzo, in mutande. Aveva un
          paio  di  mutande  rosse  e  faceva  un  certo  e etto  vedere  quelle  mutande
          rosse.  E  così  ci  siamo  trovati  in  quattro,  contro  il  muro,  insieme  ai  due

          arabi che ci puntavano addosso il fucile. Il comandante ora era allegro. Sì,
          sì, allegro. Si muoveva quasi con gioia, dava gli ordini quasi con gioia. E
          con gioia ci ha detto di scendere le scale. Anzi, non ce l’ha detto: ci ha
          fatto il gesto, con il fucile. E noi abbiamo sceso le scale: in  la. Prima io,
          poi Slavine, poi Halfin, e poi Berger. I due terroristi venivano dopo di noi,

          per spingerci.
             Abbiamo sceso le scale e sotto le scale abbiamo trovato Joseph Romano,
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