Page 151 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
P. 151
ama giocarsi la vita. Ma il rischio è diventato per me l’elemento naturale
in cui vivere: ciò che l’acqua è per un pesce. Un pesce non si rende
nemmeno conto di vivere nell’acqua perché non potrebbe vivere altrove.
Lo sport mi piace, è vero, e lo sport o re sempre un margine di rischio: o
non è sport. Ma non lo faccio per questo, lo faccio perché ho bisogno di
muovermi, di esercitarmi. Una volta qualcuno mi ha chiesto se la dote che
ammiro maggiormente in un uomo è il coraggio. Ho esitato prima di
rispondere sì. Certo che ammiro il coraggio, un uomo senza coraggio non
è un uomo. Ma il coraggio sico non basta se non è accompagnato
dall’intelligenza e ciò che ammiro di più in un uomo è l’intelligenza. Solo
con quella si risolvon le cose, e con la determinazione.
Neanche con quella, maestà. E il suo caso lo dimostra. Maestà, lei prima mi
ha parlato di bei progetti ma io vorrei replicarle con una domanda realistica:
non le capita mai di non poterne più, di sognare un sogno più pratico e cioè
mandar tutto al diavolo e ritirarsi a vivere in pace?
Sì… Temo di sì. Vi sono giorni in cui un uomo che fa il mio mestiere ci
pensa davvero.
Si sveglia la mattina e dice: basta… Ogni mattina è un dilemma:
continuare o no? E ogni mattina nisco col risolvere il dilemma dicendo a
me stesso: continuare, devi continuare. Vede, io non ero nato per fare il
mestiere di re. Quando ero ragazzo e la prospettiva di diventar re era
ancora lontana perché sapevo che, morto il nonno, il regno sarebbe
passato a mio padre, io pensavo a scegliermi un mestiere. Ed ero incerto
tra il mestiere di avvocato e il mestiere di pilota. Lo studio della legge è
bellissimo se si crede alla legge come io ci credo. E poi la legge è una
ricerca di tutti i perché: sarei stato un ottimo avvocato, io, lo so. Il gioco
dialettico del giusto e dell’ingiusto, della ragione e del torto… Sì, ancora
meglio che fare il pilota. Sebbene guidare aerei sia per me una gioia
travolgente: gli spazi aperti, la tecnologia. Quando guido il mio aereo non
permetto mai che il secondo pilota passi ai comandi. E invece il nonno
morì così presto e… Mio padre si ammalò, e mi toccò diventar re. Così
giovane. Appena diciassette anni. Poco, troppo poco. Se sapesse quanto
fu duro per me. Non sapevo nulla e sbagliavo, sbagliavo… Per quanti
anni ho sbagliato. Ho imparato molto tardi.
E quando ha imparato le è piaciuto, maestà? Anzi, mettiamo la domanda in
termini più brutali ed onesti: oggi come oggi, crede che ne valga la pena,
maestà?