Page 140 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
P. 140

ai  ginocchi.»  «E  prima  non  avevi  mai  sparato,  Im  Castro?»  «No,  prima
          coltivavo  grano  e  fagioli.»  «Im  Castro,  cosa  provasti  ad  ammazzare  un

          uomo?»  «Una  gran  gioia,  che  Allah  mi  perdoni.  Pensai:  hai  ammazzato
          mio marito, ragazzo, e io ammazzo te.» «Era un ragazzo?» «Sì, era molto
          giovane.» «E non hai paura che succeda lo stesso ai tuoi  gli?» «Se i miei
           gli  muoiono  penserò  che  hanno  fatto  il  loro  dovere.  E  piangerò  solo
          perché  essendo  vedova  non  potrò  partorire  altri   gli  per  darli  alla

          Palestina.»  «Im  Castro,  chi  è  il  tuo  eroe?»  «Eroe  è  chiunque  spari  la
          mitragliatrice.»
             Le guerre, le rivoluzioni, non le fanno mai le donne. Non sono le donne

          a  volerle,  non  sono  le  donne  a  comandarle,  non  sono  le  donne  a
          combatterle. Le guerre, le rivoluzioni, restano dominio degli uomini. Per
          quanto utili o utilizzate, le donne vi servono solo da sfondo, da frangia, e
          neanche  la  nostra  epoca  ha  modi cato  questa  indiscutibile  legge.  Pensa
          all’Algeria,  pensa  al  Vietnam  dove  esse  fanno  parte  dei  battaglioni

          vietcong ma in un rapporto di cinque a venti coi maschi. Pensa alla stessa
          Israele dove le soldatesse son così pubblicizzate ma chi si accorge di loro
          in  battaglia  se  non  sono  una   glia  di  Moshe  Dayan.  In  Palestina  è  lo

          stesso.  Dei  duecentomila  palestinesi  mobilitati  da  Al  Fatah,  almeno  un
          terzo  son  donne:  intellettuali  come  Rascida,  madri  di  famiglia  come
          Hanin,  signore  borghesi  come  Najat,  contadine  come  Im  Castro.  Però
          quasi tutte sono in fase di riposo o di attesa, pochissime vivono nelle basi
          segrete,  e  solo  in  casi  eccezionali  partecipano  a  un  combattimento.  È

          indicativo, ad esempio, che tra i  dayn al fronte non ne abbia incontrata
          nessuna  e  che  l’unica  di  cui  mi  abbian  parlato  sia  una
          cinquantaquattrenne  che  fa  la  vivandiera  per  un  gruppo  di  Salt.  È

          indiscutibile, inoltre, che l’unica di cui si possa vantare la morte sia quella
          Sheila cui scoppiò una bomba in mano. Ad usare le donne nella Resistenza
          non ci sono che i comunisti rivali di Al Fatah i quali le impiegano senza
          parsimonia  per  gli  atti  di  sabotaggio  e  di  terrorismo.  La  ragione  è
          semplice  e  intelligente.  In  una  società  dove  le  donne  hanno  sempre

          contato  quanto  un  cammello  o  una  vacca,  e  per  secoli  sono  rimaste
          segregate  al  ruolo  di  moglie  di  madre  di  serva,  nessuno  si  aspettava  di
          trovarne  qualcuna  capace  di  dirottare  un  aereo,  piazzare  un  ordigno,

          maneggiare  un  fucile.  Abla  Taha,  la   dajat  di  cui  si  parlò  anche  alle
          Nazioni  Unite  per  gli  abusi  che  subì  in  prigione  sebbene  fosse  incinta,
          racconta:  «Quando  mi  arrestarono  al  ponte  Allenby  perché  portavo
          esplosivo,  gli  israeliani  non  si  meravigliarono  mica  dell’esplosivo.  Si
          meravigliarono  di  scoprirlo  addosso  a  una  donna.  Per  loro  era

          inconcepibile  che  un’araba  si  fosse  tolta  il  velo  per  fare  la  guerra».  La
          stessa Rascida, del resto, spiega che al corso di addestramento le donne
   135   136   137   138   139   140   141   142   143   144   145