Page 138 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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dayn, per spiegarle che l’amavo, sì, ma la Palestina contava più del mio
          amore. Lei rispose: «Thaer, hai avuto più  ducia in me di quanta io ne

          abbia avuta in te. Perché tu m’hai detto di voler diventare  dayn e io non
          te l’ho detto. Abbiamo gli stessi progetti, Thaer, e da questo momento mi
          considero davvero fidanzata con te».

             Capisco,  Thaer.  Ma  cosa  provasti  a  sapere  che  Rascida  aveva  ucciso

          ventisette persone senza un fucile in mano?

             Thaer prese  ato e congiunse le mani come a supplicarmi di ascoltarlo

          con pazienza.

             Fui  orgoglioso  di  lei.  Oh,  so  quello  che  provi,  all’inizio  la  pensavo
          anch’io come te.
             Perché  sono  un  uomo  tenero,  io,  un  sentimentale.  Non  assomiglio  a

          Rascida. Il mio modo di fare la guerra è diverso: io sparo a chi spara. Ma
          ho  visto  bombardare  i  nostri  villaggi  e  mi  sono  rivoltato:  ho  deciso  che
          avere  scrupoli  è  sciocco.  Se  invece  d’essere  uno  spettatore  obiettivo  tu

          fossi coinvolta nella tragedia, non piangeresti sui morti senza il fucile. E
          capiresti Rascida.

             Certo  è  di cile  capire  Rascida.  Ma  vale  la  pena  provarci  e,  per
          provarci,  bisogna  avere  visto  i  tipi  come  Rascida  nei  campi  dove

          diventano   dajat:  cioè  donne  del  sacri cio.  Lunghe   le  di  ragazze  in
          grigioverde,  costrette  giorno  e  notte  a  marciare  sui  sassi,  saltare  sopra
          altissimi roghi di gomma e benzina, insinuarsi entro reticolati alti appena

          quaranta  centimetri  e  larghi  cinquanta,  tenersi  in  bilico  su  ponticelli  di
          corde  tese  su  trabocchetti,  impegnarsi  in  massacranti  lezioni  di  tiro.  E
          guai se sbagli un colpo, guai se calcoli male il salto sul fuoco, guai se resti
          impigliato in una punta di ferro, guai se dici basta, non ce la faccio più.
          L’istruttore che viene dalla Siria, dall’Iraq, dalla Cina, non ha tempo da

          perdere  con  le  femminucce:  se  hai  paura,  o  ti  stanchi,  ti  esplode  una
          ra ca accanto agli orecchi. Hai visto le fotogra e. Ch’io sappia, neanche
          i berretti verdi delle forze speciali in Vietnam, neanche i soldati più duri

          dei  commandos  israeliani  vengono  sottoposti  ad  addestramenti  così
          spietati. E da quelli, credi, esci non soltanto col  sico domato ma con una
          psicologia tutta nuova. Dice che in alcuni campi (questo io non l’ho visto)
          le abituano per no alla vista del sangue. E sai come? Prima sparano su
          un cane lasciandolo agonizzante ma vivo, poi buttano il cane tra le loro

          braccia e le fanno correre senza ascoltarne i guaiti. Dopo tale esperienza,
          è dimostrato, al dolore del corpo e dell’anima non badi più.
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