Page 130 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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della fotogra a, della raccolta di informazioni. I nostri istruttori
contavano molto sulle donne come elemento di sorpresa: da una ragazza
araba non ci si aspettano certe attività. Divenni brava a scattar fotogra e
di nascosto ma specialmente a costruire ordigni a orologeria. Più di ogni
altra cosa volevo maneggiare le bombe, io sono sempre stata un tipo
senza paura. Anche da piccola. Non m’impressionava mai il buio. I corsi
duravano a volte quindici giorni, a volte due mesi o quattro. Il mio corso
fu lungo, assai lungo, perché dovetti anche imparare a recarmi nel
territorio occupato.
Passai il ume molte volte, insieme alle mie compagne. A quel tempo
non era di cilissimo perché gli sbarramenti fotoelettrici non esistevano,
ma la prima volta non fu uno scherzo. Ero tesa, mi aspettavo di morire.
Ma presto fui in grado di raggiungere Gerusalemme e stabilirmici come
agente segreto.
Dimmi delle due bombe al supermarket, Rascida.
U a. Quella fu la prima operazione di cui posso rivendicare la
paternità. Voglio dire che la concepii da sola, la preparai da sola, e da
sola la portai no in fondo. Avevo ormai partecipato a tanti sabotaggi del
genere e potevo muovermi con disinvoltura. E poi avevo una carta di
cittadinanza israeliana con cui potevo introdurmi in qualsiasi posto senza
destare sospetto. Poiché abitavo di nuovo coi miei genitori, scomparivo
ogni tanto senza dare nell’occhio. L’idea di attaccare il supermarket l’ebbi
quattro giorni dopo la cattura di Amina a Zurigo, e la morte di Abdel.
Nella sparatoria con l’israeliano, ricordi, Abdel rimase ucciso. Bisognava
vendicare la morte di Abdel e bisognava dimostrare a Moshe Dayan la
falsità di ciò che aveva detto: secondo Moshe Dayan, il Fronte Popolare
agiva all’estero perché non era capace di agire entro Israele.
E poi bisognava rispondere ai loro bombardamenti su Irbid, su Salt.
Avevano ucciso civili? Noi avremmo ucciso civili. Del resto nessun
israeliano noi lo consideriamo un civile ma un militare e un membro della
banda sionista.
Anche se è un bambino, Rascida? Anche se è un neonato?
Gli occhi verdi si accesero d’odio, la sua voce adirata disse qualcosa che
l’interprete non mi tradusse, e subito scoppiò una gran discussione cui
intervennero tutti: anche Najat, anche il giovanotto col volto dolcissimo.
Parlavano in arabo, e le frasi si sovrapponevan confuse come in una rissa
da cui si levava spesso un’invocazione: «Rascida!». Ma Rascida non se ne