Page 125 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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nemici.
Dottor Habash, vorrei parlare un poco di lei. Lei era un medico e il suo
mestiere era salvare la gente, non ucciderla. Lei era anche cristiano e la sua
religione era quella basata sull’amore, sul perdono. Non le capita mai di
rimpiangere il suo passato?
Ero… Cristiano, sì. Cristiano ortodosso. Ero… Medico, sì. Pediatra. Mi
piaceva tanto.
Pensavo di fare il lavoro più bello del mondo. E lo è, sa? Perché è un
lavoro dove impieghi tutto: cervello, emozioni. Specie coi bambini. Amavo
curare i bambini… E fu duro abbandonare tutto, fu duro! A volte il
rimpianto mi buca, sì. Mi buca come uno spillo. Ma dovetti fare quello che
feci e non me ne pento. C’era troppa contraddizione tra la mia attività
politica e il mio lavoro in clinica. Un uomo non può divider così i suoi
sentimenti, i suoi ragionamenti: da una parte curare e dall’altra uccidere.
Viene il giorno in cui un uomo deve dire a se stesso: o qui o là.
Dottor Habash, dica la verità: cosa la fece decidere? Cosa provocò una simile
metamorfosi? Voglio capire, mi faccia capire.
Cosa? Non un ragionamento, temo. Per esempio, non Marx. Marx lo
avevo già letto, a certe conclusioni scienti che ero già arrivato. Fu… Fu
un sentimento, sì. Io, vede, ero abituato allo spettacolo del dolore sico
ma non a quello del dolore morale. E neanche a quello dell’ingiustizia,
della vergogna. Fino al 1948 ero stato un giovanotto come gli altri, il
tipico glio del benestante, il tipico universitario che ama divertirsi
nuotando in piscina o giocando a tennis o andando a spasso con le
ragazze. Ciò che accadde nel 1948 mi avvilì ma non mi cambiò molto:
avevo ventidue anni e abitavo a Lidda, presso Gerusalemme, non dovevo
condividere la tragedia dei profughi. Ottenuta la laurea, mi rifugiai nella
medicina come nell’unico mezzo per rendermi utile all’umanità. E anche
un mezzo per applicare il mio socialismo: ero giunto al socialismo negli
ultimi anni dell’università. Ma poi venne il 1967, e loro furono a Lidda
e… Non so come spiegarmi… Ciò che signi ca questo per noi… Non aver
più una casa, né una nazione, né qualcuno cui importi… Ci costrinsero a
fuggire. È una visione che mi perseguita e che non dimenticherò mai…
Mai! Trentamila creature che se ne andavano a piedi, piangendo…
Urlando di terrore… Le donne coi bambini in braccio o attaccati alle
sottane… Mentre i soldati israeliani le spingevano coi fucili. Loro cadevan
per strada… Spesso non si rialzavano più… Terribile, terribile, terribile!