Page 127 - Oriana Fallaci - Le radici dell'odio. La mia verità sull'Islam
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Rascida Abhedo



                                         La donna della strage





             Sembrava  una  monaca.  O  una  guardia  rossa  di  Mao  Tse-tung.  Delle
          monache  aveva  la  compostezza  insidiosa,  delle  guardie  rosse  l’ostilità
          sprezzante, di entrambe il gusto di rendersi brutta sebbene fosse tutt’altro

          che  brutta.  Il  visino  ad  esempio  era  grazioso;  occhi  verdi,  zigomi  alti,
          bocca ben tagliata. Il corpo era minuscolo e lo indovinavi fresco, privo di
          errori.  Ma  l’insieme  era  sciupato  da  quei  ciu   neri,  untuosi,  da  quel
          pigiama in tela grigioverde, un’uniforme da fatica suppongo, di taglia tre

          volte  superiore  alla  sua:  quella  sciatteria  voluta,  esibita,  ti  aggrediva
          come una cattiveria.
             Dopo  il  primo  sguardo,  ti  apprestavi  con  malavoglia  a  stringerle  la
          mano, che ti porgeva appena, restando seduta, costringendoti a scendere

          verso  di  lei  nell’inchino  del  suddito  che  bacia  il  piede  della  regina.  In
          silenzio  bestemmiavi:  «Maleducata!».  La  mano  toccò  molle  la  mia.  Gli
          occhi  verdi  mi  punsero  con  strafottenza,  anzi  con  provocazione,  una
          vocetta litigiosa scandì: «Rascida Abhedo, piacere». Poi, rotta dallo sforzo

          che tal sacri cio le era costato, si accomodò meglio contro la spalliera del
          grande  divano  in  fondo  al  salotto  dove  occupava  il  posto  d’onore.  Dico
          così perché v’erano molte persone, e queste le sedevan dinanzi a platea:
          lei  in  palcoscenico  e  loro  in  platea.  Una  signora  che  avrebbe  fatto  da

          interprete,  suo  marito,  un  uomo  che  mi   ssava  muto  e  con  sospettosa
          attenzione,  un  giovanotto  dal  volto  dolcissimo  e  pieno  di  ba ,  in ne
          Najat: la padrona di casa che aveva organizzato l’incontro con lei.
             Come  lei,  essi  appartenevano  tutti  al  Fronte  Popolare,  cioè  il

          movimento  maoista  che  da  Al  Fatah  si  distingue  per  la  preferenza  a
          esercitare la lotta coi sabotaggi e il terrore.
             Però,  al  contrario  di  lei,  eran  tutti  ben  vestiti,  cordiali  e  borghesi:
          invece  che  ad  Amman  avresti  detto  di  trovarti  a  Roma,  tra  ricchi

          comunisti à la page, sai tipi che  ngono di voler morire per il proletariato
          ma poi vanno a letto con le principesse. La signora che avrebbe fatto da
          interprete amava andare in vacanza a Rapallo e calzava scarpe italiane.
          Najat,  una  splendida  bruna  sposata  a  un  facoltoso  ingegnere,  era  la

          ragazza  più  so sticata  della  città:  in  una  settimana  non  l’avevo  mai
          sorpresa  con  lo  stesso  vestito,  con  un  accessorio  sbagliato.  Sempre  ben
          pettinata,  ben  profumata,  ben  valorizzata  da  un  completo  giacca-
          pantaloni o da una minigonna. Non credevi ai tuoi orecchi quando diceva:
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