Page 90 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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Naomi e Adina e Judy mi vogliono molto bene. E per
                dimostrarmi quanto mi vogliono bene, nel negozio tengono

                anche i miei libri. Li tengono nel salone centrale anzi vicino
                all'ingresso, proprio come se si trattasse di roba pubblicata

                secoli addietro, e scortato da una ventina di guardie del corpo un
                anno fa li capitò Bili Clinton. Entrò, vide La Rabbia e

                l'Orgoglio che era appena uscito in inglese, sorpreso disse:

                «Look at that, guarda!


                Avete anche The Rage and the Pride! Hillary lo adora. Ne parla

                sempre, lo condivide da cima a fondo». «E Lei, signor
                Presidente?» chiese Naomi che è la più disinvolta. «Eh! La

                Fallaci scrive di non avere mai avuto tenerezze per me... Ma su
                tante altre cose ha ragione» rispose Clinton. Poi, tutto divertito:

                «È vero che è una donna molto dura, che ha un gran
                caratteraccio?». Pensando alla mia incapacità di mercanteggiare

                il prezzo degli Shakespeare e degli Aristoteli, suppongo, Naomi
                replicò che no: ero la donna più dolce, più mansueta del mondo.



                Ma lui non ci credette, e disse che la gente col mio caratteraccio

                gli piaceva parecchio. Anche se parlava male di Clinton.


                E di Hillary come ne parla?



                Prima neanche lei m'era molto simpatica. Ma da quando so che

                è d'accordo con me, che sia pure in segreto le mie idee
                sull'Islam le condivide da-cima-a-fondo, spero che diventi

                almeno presidente degli Stati Uniti. E con molte probabilità lo
                diventerà. E ora che in quella Stanza Ovale ci vada una donna.



                Sull'Iraq che cosa mi dice?



                Le dico ciò che scrissi ne La Forza della Ragione e, prima
                ancora, nell'articolo che la vigilia della guerra pubblicai sullo

                Wall Street Journal per esprimere i miei dubbi sull'opportunità


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