Page 181 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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Bin Laden aveva venticinque anni, e non era più un playboy
vestito all'occidentale. La sua metamorfosi s'era completata.
Combatteva in Afghanistan ma dall'Afghanistan si spostava a
suo piacimento. Se la faceva con gli americani e... Lo guardai
meglio. Il giovanotto che nel salone dell'albergo m'aveva
lanciato quella intensa occhiata di antipatia anzi di ostilità aveva
la barba nera e non lunga. Aveva le guance lisce, la freschezza
della gioventù. Ma i lineamenti erano gli stessi. Uguale
l'inconfondibile naso, uguale l'inconfondibile bocca. E,
soprattutto, uguali gli occhi. Quegli occhi fermi, severi, e nel
medesimo tempo malinconici. Forse dolci. Uguale la ieraticità,
la pacatezza dei gesti, la sicurezza di sé. La voce, non so. Non
aprì mai bocca, ricorda, e l'incontro muto durò non più di due
minuti. Però sa che le dico? Era Bin Laden.
Lo penso anch'io. E ora resta soltanto da chiederci per quale
motivo fino ad oggi non abbiamo voluto dirlo neanche a noi
stesse. Non abbiamo mai voluto crederci, non abbiamo mai
voluto ammettere che sì: era lui. Perché?
Perché avevamo visto il Diavolo. Avevamo visto Satana, il
Mostro con sette teste e dieci corna di cui parla l'evangelista
Giovanni. E ci aveva fatto paura. Molta paura.
Ebbe paura anche la sera del comizio televisivo?
No. Al contrario. Infatti posai le valige per terra.
Compresi che non era giusto andare a Nivatoputapu, chiedere
asilo politico a Sua Maestà Taufaahau Tupon IV, alzare
bandiera bianca, scappare. E sebbene fossi molto stanca,
insopportabilmente stanca, restai.
E quando incominciò a lenire quella stanchezza?
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