Page 164 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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inserire gli omosessuali nell'esercito. Fretta che giudicai
                ridicola. Il primo che ha preso Zapatero, ritiro delle truppe a

                parte, quello del matrimonio e dell'adozione-gay). Mi dà fastidio
                anche quando, attraverso le loro lobby, a discriminare il

                prossimo sono proprio gli omosessuali. E ancor più quando,
                attraverso l'arroganza della categoria, il prossimo lo offendono

                con le becere Gay Parades alle quali si presentano seminudi o

                travestiti e truccati da baldracche. E infine mi dà fastidio
                quando in nome dell'ideologia (e magari del vittimismo)

                pretendono la beatificazione anzi la santificazione anzi la
                deificazione dell'omosessualità. Come se l'omosessualità fosse

                uno stato di grazia anzi di superiorità.


                La normalità, uno svantaggio anzi uno stato di inferiorità.

                «Leonardo-da-Vinci-era-un-omosessuale. Michelangelo-lo-
                stesso. Giulio Cesare-idem». (Cosa da provare). Oppure:

                «Cleopatra andava a letto con le sue schiave. La Grande
                Elisabetta, con le sue cortigiane». (Cosa da provare). Oppure:

                «L'omosessualità è la patente del genio». In questi casi, infatti,

                mi offendo. Reagisco con cattiveria e gli ricordo che, Leonardo
                o no, Michelangelo o no, tanta presunta superiorità ha un punto

                debole. Quello che, buttando alle ortiche íl concetto biologico di
                famiglia, il senor Zapatero finge di scordarsi. L'omosessualità

                non permette di procreare. Se diventassimo tutti omosessuali, la
                specie finirebbe. Si estinguerebbe come i dinosauri.



                Ne ha mai parlato con uno dei suoi amici?



                Certo! Una volta anche con Pasolini. Eravamo in un ristorante
                lungo la via Appia, ricordo, e seduti al tavolo aspettavamo

                Alekos che era molto in ritardo a causa d'uno sciopero aereo.
                D'un tratto Pier Paolo mi accarezzò una mano e riferendosi al

                mio libro Lettera a un bambino mai nato (libro che odiava)
                mormorò: «Quanto a infelicità, anche tu non scherzi». Credendo




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