Page 127 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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come io m'ero abituata a rischiare gli attentati a Saigon e a
                seguire i combattimenti a Dak To o a Tri Quang o a Da Nang.

                Per me fu un'esperienza terrificante seguire il primo
                combattimento in Vietnam. Stare sotto quella pioggia di fuoco,

                vedere quei Marines che appena colpiti cadevano come sassi,
                che coperti di sangue restavano lì a mugolare mammy-mammy,

                trovarmi accanto a uno che squarciato al ventre moriva con le

                budella in mano, mi straziò e mi rovesciò lo stomaco. E a un
                certo punto vomitai. La seconda volta, no. Mi straziò assai

                meno e non vomitai. La terza sopportai tutto senza
                meravigliarmene troppo. M'ero già abituata. Quanto agli

                attentati che i vietcong facevano nei ristoranti di Saigon, bè.
                All'inizio ci andavo malvolentieri nei ristoranti. Ogni volta mi

                chiedevo se sarebbe stato l'ultimo pasto, e mangiando temevo di
                saltare in aria o veder irrompere un vietcong con la bomba in

                mano. Poi no. Mi ci abituai a tal punto che un giorno dissi a me
                stessa: sei diventata una pietra, ti sei addormentata? E mi

                svegliai. In certi casi abituarsi è una colpa. Nonché un
                masochismo. L'abitudine genera rassegnazione, la

                rassegnazione genera apatia, l'apatia genera inerzia, l'inerzia
                genera indifferenza. Ed oltre a impedire il giudizio morale,

                l'indifferenza soffoca l'istinto di autodifesa. Quello che induce a

                difendersi, a battersi. Io mi chiedo come reagiranno, gli italiani,
                quando il Mostro li colpirà a casa loro. Quando li attaccherà

                mentre sono con la famiglia o lavorano in un grattacielo,
                viaggiano su un treno, ascoltano la Messa. Perché prima o poi

                accadrà anche a noi quello che è successo a New York, a
                Madrid, in tante altre parti del mondo, quello che succede di

                continuo in Israele e in Iraq dove ti ammazzano perfino in
                chiesa. E non sarà certo predicando l'accoglienza, accettando

                chiunque sbarchi a Lampedusa, dandogli l'asilo politico e il
                voto, blaterando di pacifismo e pluriculturalismo, chiamando

                «resistenti» i macellai che se la caveranno.





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