Page 131 - Oriana Fallaci - Intervista con se stessa. L'Apocalisse.
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Foglio» avrebbe spiritosamente definito «L'Islam de noantri». E
                non sono in pochi a chiedersi come Lei vi abbia reagito.



                Prima con una risata. Amara ma risata. Perché parlare di Islam

                moderato mentre un commando di mussulmani ceceni tiene in
                ostaggio mille bambini e minaccia di ucciderli uno-ad-uno è

                perlomeno bizzarro anzi ridicolo. Poi, spenta la risata, con una
                smorfia di compassione. Perché, con l'emme maiuscola, la

                parola manifesto non va presa alla leggera. Io a vederla penso
                subito al Manifesto di Marx o al Manifesto di Benedetto Croce

                o al Manifesto di Brunswick. Mai ai cosmetici che portano quel
                nome o all'omonimo giornale che dopo la vittoria elettorale di

                Bush fece quella figuraccia. Poi, spenta anche la smorfia di
                compassione, con un gesto di malinconico sgomento.



                Perché il Manifesto che non era il Manifesto di Marx né il

                Manifesto di Benedetto Croce né il Manifesto di Brunswick ma
                agli italiani veniva presentato come se lo fosse portava

                l'imprimatur del ministro degli Interni Beppe Pisanu. Uomo
                noto per la sua prudenza e la sua abilità nel navigare le acque

                più innavigabili senza compromettersi. Ma, ricordandomi che la
                logica dei politici non corrisponde mai alla logica di Aristotele,

                il suo imprimatur diceva: «Sono convinto che in Italia si possa
                costruire un Islam italiano di cittadini consapevoli, titolari di

                uguali diritti e doveri, in una società aperta e pluralista».


                Così, preoccupata dall'espressione «Islam italiano» e

                insospettita dal vocabolo «cittadini», mi affrettai a leggere

                l'enfatico articoletto che introduceva la faccenda. E il
                malinconico sgomento si dissolse in una rabbia pari a quella che

                avevo provato l'Undici Settembre. E ululando come un lupo
                impazzito giurai che sul Corriere non avrei pubblicato più

                neanche il mio necrologio.






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