Page 86 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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privata del film in via Margutta. «Guarda, Federico, che sono in
ritardo, un ritardo di almeno due giorni, il direttore è arrabbiato,
le pagine aperte, guarda Federico...» «Ah! Come osi dubitare di
me? ! ? Come puoi pensar che non vengo? ! ? È offensivo,
malvagio...» Eccomi dunque, alle undici di sera, che col mio
magnetofono aspetto su un portone di via Margutta Federico
Fellini, famous Italian director. So che alle undici non verrà: ma
lo aspetto. So che non verrà neppure a mezzanotte: ma lo
aspetto. So che non verrà nemmeno all'una: ma lo aspetto. Il
film, in sala di proiezione, è incominciato da un'ora, da un'ora e
mezzo, da due, da due e mezzo, è finito, la gente esce, si ferma
al rinfresco, è finito anche il rinfresco, la gente va via, qualcuno
chiude il portone, io mi sposto sul marciapiede, continuo ad
aspettare, con gli occhi che mi si chiudono, le gambe che mi si
piegano, i teddy boys che mi molestano, continuo ad aspettare:
finché passa un tassi e ci salgo. È
ormai l'una e mezzo del mattino, rientrando dico al portiere di
prenotarmi il primo aereo per Milano. In camera, cado sfinita
sul letto. Mi addormento di colpo. Mi risveglio col suono del
telefono e una melliflua voce che canta: «Tesorino, amorino,
Orianina, bambina, ma perché non sei venuta?!». «Perché
parto» rispondo. «Dovevo far le valige: il mio aereo parte
domattina alle otto.»
«Ma è il mio aereo! Anch'io parto alle otto! Non è
straordinario? Comodissimo? Parleremo in aereo.» Inutile dire
che perse l'aereo.
Oh, il biglietto l'aveva, e anche la prenotazione. Quel volo era il
suo, a Milano lo aspettavano cronisti e fotografi, perché non lo
perdesse il suo produttore gli aveva mandato la Cadillac con
l'autista. Ma perse l'aereo lo stesso. E quando esso giunse a
Linate, i fotografi corsero alla scaletta, sulla scaletta c'ero io che
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