Page 351 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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giovanotto ipocrita e biondo che due festival prima m'era stato
                rapito  dal  Grande  Regista  che  lo  aveva  eletto  assistente  mi

                salutava ora come Dante che rivede Beatrice e, abbracciandomi
                con  lo  stesso  virile  entusiasmo  con  cui  Dante  avrebbe

                abbracciato Beatrice se l'avesse rispettata un po'"meno, giurava
                che non mi avrebbe lasciato un minuto e mi metteva in guardia,

                geloso, contro un tale che a me sembrava giustissimo e che lui

                invece  sapeva  non  giusto  per  niente.  Col  biondo  che  non  mi
                lasciava  davvero  un  minuto,  i  due  fidanzati,  il  tipo  che  a  me

                sembrava giustissimo e invece non era giusto per niente, altri tre
                che  rinunciavo  ormai  a  catalogare  nel  bene  e  nel  male,

                andammo a cena dove il fidanzato prese a dedicarsi al fidanzato
                di  un'altra  mentre  la  fidanzata  diceva  fa  sempre  così  ma

                pazienza,  dopo  torna  da  me;  ciò  mi  rese  ancor  più  smarrita.
                Certissima a volte che mi prendessero in giro, mi rimproveravo

                subito dopo di far loro torto: per quale ragione avrebbero dovuto
                prendermi in giro? Sapevano a malapena che il mio mestiere era

                scrivere ma ignoravano su cosa e per chi.



                Sapevano che probabilmente non ci saremmo mai più rivisti ma
                non ignoravano la mia tolleranza: ognuno è come è, l'importante

                è  che  non  dia  fastidio  ad  esser  com'è.  Ma  avevo  appena
                concluso  certi  pensieri  che  subito  me  ne  pentivo  tornando  al

                sospetto.  E  allora?!  Bah!  Boh.  Uhm!  Di  sicuro  non  c'era  che
                questo: il demonio si faceva beffe di me e, magari più santo di

                un santo, pregava ora per la mia cattiveria. Tornai in albergo in
                preda a una forma di ubriachezza; sulla porta il biondo che il

                Grande  Regista  non  avrebbe  mai  perdonato  mi  salutò  e  mi
                abbracciò con l'aria di uno che del Grande Regista se ne frega

                tanto ma tanto. La notte, anziché il nonno e la nonna, sognai di
                passeggiare  col  demonio  sul  lago.  Il  demonio  mi  teneva  al

                guinzaglio;  ero  infatti,  paragone  sgradevole,  una  cosa  nera  su
                quattro  zampe:  la  copia  esatta  di  Fosca.  Sulle  rive  del  lago

                strappavo  il  guinzaglio,  mi  tuffavo  abbaiando  di  gioia



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