Page 350 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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partita e l'occasione per parlarci venne solo a Spoleto, due anni
                dopo, all'inaugurazione del festival. Sam era là, ovviamente, e

                non  fu  difficile  ottener  l'intervista  che  il  maestro  non  voleva
                concedermi perché ha terrore (diceva) degli strumenti meccanici

                e  non  riesce  a  parlare  (diceva)  al  microfono.  Squisito  come
                sempre,  inappuntabile  come  sempre  nel  severo  abito  blu  da

                Philadelphia society, Sam mi spalancò le sue braccia, mi portò a

                mangiare, mi ascoltò, e lo convinse a fissarmi l'appuntamento
                per l'indomani pomeriggio.



                Le  ventiquattr'ore  che  precedettero  questa  intervista  furono
                molto  più  strane  delle  mie  gite  a  Mount  Kisko,  prive  inoltre

                della loro magia. Spoleto era ciò che è nel periodo del festival:
                un via vai di odiosissimi snob e personaggi fuor della morale

                comune,  inafferrabili  ad  ogni  giudizio  come  i  contorni  di
                un'ameba in movimento. «Tu credi che quello?...» «Mah! Non

                saprei...» «Io dico di sì...



                anzi no...» Combattuta tra il fastidio che da sempre l'equivoco e
                la  fluttuante  incertezza  che  perfino  l'equivoco  fosse  frutto  di

                equivoco, mi sembrava di vagare in quei sogni dove non capisci
                se è giorno o se è notte, se piove o c'è il sole, e i lineamenti di

                un caro defunto si storcono in quelli di un altro defunto. Tu vedi
                ad esempio la nonna ma hai appena finito di riconoscer la nonna

                che  la  nonna  sfuma  nel  viso  del  nonno  e  mentre  ti  accingi  a
                gridare «nonno!» il nonno torna ad esser la nonna che stavolta è

                davvero  la  nonna  sebbene  tu  creda  che  sia  il  nonno.  Tra  i
                ragazzi  in  blue  jeans  ce  n'erano  alcuni  di  quelli  che  avevo

                conosciuto  a  Mount  Kisko.  Colui  che  mi  aveva  lasciata  un
                po'"più  sospettosa  aspettava  la  fidanzata  che  doveva  venir  da

                New York: infatti giunse ed avevano l'aria di trovarsi benissimo

                insieme.  La  ragazza  di  cui  un  anno  avanti  avevo  rifiutato,
                prudente, l'ospitalità ora s'era sposata e aveva un bambino ma

                coabitava  con  un'altra  ragazza  che  odiava  i  bambini.  Il



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