Page 348 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Il demonio di Mount Kisko
Quell'autunno a New York andavo spesso a Mount Kisko dove
Giancarlo Menotti abita da non so quanti anni insieme a Samuel
Barber, compositore anche lui. La domenica mattina, quando
New York si irrigidisce in un deserto di pietra, cercavo un
amico con l'automobile, infilavo un paio di pantaloni e una
camicia, e mezz'ora dopo ero già sulla strada che porta a Mount
Kisko: un arcobaleno di alberi rossi, gialli, viola che in ottobre
esplodono come fiammate e accarezzano gli occhi ed il cuore.
Un'ora dopo scendevo dinanzi alla casa che è bianca, circondata
di verde e di fresco, senz'altri suoni che quello del pianoforte o
del vento che fruscia tra le foglie dei castagni, le campanelline
cinesi legate con fili ad un pino dietro il cortile. Menotti
quell'autunno non c'era, mi pare che fosse in Italia. Così
chiamavo «Sam!», il suono del pianoforte cessava e, preceduto
da una gran cagna nera il cui nome era Fosca, Sam usciva a
ricevermi: un bel sorriso sul volto intelligente e rotondo,
inappuntabile nel severo abito blu da Phìladelphia society.
«Venite. C'è il risotto alla milanese.
Peccato che Giancarlo non sia qui.» Sedevamo nel soggiorno,
un cameriere portava il risotto alla milanese come piace a
Giancarlo, mangiando ascoltavamo Sam che è un conversatore
squisito, di quelli che ai salotti si addicono come certe azalee, e
cita quasi sempre Giancarlo, parla quasi sempre italiano: la
lingua con cui parla a Giancarlo. Dopo mangiato si andava nel
bosco dove vivono i cervi ed i daini che piacciono tanto a
Giancarlo, e di qui al lago dove va spesso Giancarlo.
La strada pel bosco è un lungo viottolo ai lati del quale stanno le
guesthouses, o capanne degli ospiti: quasi sempre studenti di
musica, pittura, senza quattrini e in blue jeans. Come il pifferaio
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