Page 205 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
P. 205

quaranta fuorché un vecchio molto vecchio, si presentarono col
                primo  nome,  José,  Manuel,  Salvador,  Francisco,  Isidro,

                Fernando, ci dettero immediatamente del tu, ci trattarono come
                se  ci  avessero  conosciuti  da  sempre.  L'aria  aveva  un  odor  di

                pulito,  dai  recinti  dei  tori  giungevano  sordi  muggiti.  Ordonez
                sorrideva  e  taceva.  Quando  gli  chiesi  come  stava  il  suo  toro

                rispose «Mejor, muchas gracias, mejor»; e nient'altro. Avrebbe

                dovuto  parlarmi  più  tardi,  non  vedeva  ragioni  per  sprecare
                parole  anzitempo.  Riaprì  bocca  solo  per  annunciare  che  il

                pranzo era pronto e farci passare in un salone tappezzato con
                teste di toro: i trofei delle sue migliori corride. Il pranzo era a

                base  di  pollo  e  fagioli,  un  vaccaro  mesceva  vin  rosso  in
                bicchieri  larghi  come  scodelle,  gli  amici  esplosero  presto  in

                qualcosa  che  assomigliava  a  un  litigio.  Ma  parlavano  tutti
                andaluso e non capii che dicessero; Mercedes, che è castigliana,

                riuscì a tradurre soltanto un discorso del vecchio molto vecchio:
                «Se tu mi ascoltassi, Antonio, se tu mi credessi, se tu fossi della

                medesima idea». Ma Antonio restò chino sul piatto e continuò a
                mangiare il suo pollo. Non sembrava nemmeno ascoltare, come

                il  vecchio  diceva.  Finito  il  pranzo  mi  fece  infilare  un  paio  di
                stivali  e  mi  portò  dai  suoi  tori,  poi  alla  piccola  arena  dove  si

                diverte  a  combattere  senza  che  nessuno  lo  veda.  Marco,

                Mercedes e gli amici eran con noi. D'un tratto voltò a tutti le
                spalle e mi disse «Vamos a hablar».



                Fu una strana intervista. Ogni risposta era preceduta da un lungo
                pensare, un raccoglimento che aveva il sapore di un rito, e solo

                dopo        quel      rito      pronunciava          la      frase:      lentamente,
                inequivocabilmente,  con  la  voce  bassa  e  profonda  che,  ora

                capivo, ricordava il muggito di un toro.



                Parlando mi fissava nelle pupille, quasi fossi stata un pericolo
                da  non  perder  di  vista;  se  spostava  lo  sguardo  era  per  rapide

                occhiate alla porta. La porta era chiusa, tutti gli altri eran rimasti



                                                          205
   200   201   202   203   204   205   206   207   208   209   210