Page 203 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Addio toro
L'invito di Ordonez era alla finca di Valcargado, la grande
proprietà dove alleva i suoi tori, duecento chilometri da Siviglia,
passato Jerez, nell'estremo Sud della Spagna. L'appuntamento
era a un bivio, nel punto dove la strada diventa viottolo e
proseguir senza guida è impossibile: qui Ordonez avrebbe
aspettato con la Land Rover per condurre alla finca me e la
cuaàrilla. Coloro che Ordonez chiamava cuadrilla, termine con
cui viene indicato in Spagna il gruppo che accompagna il torero,
erano i miei amici: Marco, il fotografo, e Mercedes, la fidanzata
di Marco. Glieli avevo presentati a Madrid, qui infatti
dovevamo far l'intervista. Ma un toro s'era ammalato e Ordonez
era corso a curarlo. Naturalmente avremmo potuto aspettare che
il toro guarisse e Ordonez tornasse: ma lui aveva insistito per
Valcargado ed io avevo detto di sì. Nella casa di Calle Ferraz
niente sollecitava il ricordo di un mondo che avevo imparato ad
amare con le poesie di Garcia Lorca e i racconti di Hemingway.
L'ambiente era borghese; tra gli strilli delle bambine in blue
jeans, una bella donna sdegnosa, sua moglie Carmina, passava
con lo sguardo di chi chiede di far presto e andar via. Il telefono
suonava ogni cinque minuti; l'andaluso dal volto olivastro che
ripeteva
«Silencio, por favori» assomigliava assai poco al torero vestito
di luce che si ergeva, col codino e la cappa, in un quadro di
fronte. Sui pantaloni dalla piega prolissa esibiva una giacca a
quadretti, l'eleganza dei giocatori di calcio, i suoi capelli
lucidissimi e neri eran tagliati come i capelli di uno studente di
Yale; ciò uccideva oltretutto quel che in lui v'era di più
interessante. A proposito, cosa?
Mentre l'auto saltava sulle buche e le pietre delle strade peggiori
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