Page 20 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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l'America. E in America, terra di avventurieri, ce la vedo infatti
benissimo: coi grattacieli, i gangsters, Broadway, e il popcorn.
Forse perché non avevo capito questo i nostri incontri riuscirono
in passato assai male. La prima volta fu a Parigi dove girava un
film con Renoir. Le domandai l'intervista, disse «Non mi
interessa», risposi «Si figuri se interessa a me» e me ne andai.
La seconda volta fu a Londra quando si parlava di un suo
probabile matrimonio con Schmidt. Mi concesse dieci minuti e
la frase più lunga fu «No comment». La terza volta fu di nuovo
a Parigi, quando era ormai la signora Schmidt.
Aspettava il marito, il marito tardava, e per non annoiarsi
cominciò a chiacchierare: senza uscire però dalla convenzione e
dalla diffidenza. Dinanzi al magnetofono invece si aprì come un
fiore. Era la prima intervista che facevo con questo sistema e
l'idea di dipendere da un oggetto meccanico mi smarriva nel
nervosismo. Smarriva anche lei ma ci facemmo coraggio e dopo
pochi minuti tutto diventò molto facile. Stavamo nel suo
piedàterre a Parigi, nessuno ascoltava, la luce degli abatjour era
fioca: il suo parlare aveva spesso il sapore di una confessione.
Le sue gote diventavano rosse tutte le volte che avviavo un
discorso o una domanda un po'"delicata: però mai mi negò la
risposta o parve indignarsi, non si indignò nemmeno quando le
chiesi se le dispiaceva invecchiare. C'erano rughe sul suo volto
che non è più quello che amammo in Giovanna d'Arco o
Intermezzo, la maturità incomincia a pesarle e solo il corpo si
mantiene giovane e asciutto. Ma lei accetta le rughe come si
accettano le piogge ed il sole, l'inverno e l'estate, la vita e la
morte: con la serenità di chi capisce che la stagione delle
avventure è finita e bisogna pur prepararsi a vestirsi di grigio
per tornare un giorno al villaggio. Come Peer Gynt.
ORIANA FALLACI: Signora Bergman, l'intervista che sto per
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